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DeSangre DeSangre nasce dalle ceneri di un VIC 20 inespanso, per poi vivere i migliori anni della sua vita appiccicato a un Commodore 64. Amante da sempre dei giochi che gli altri odiano, ha adorato alla follia Amiga, PC, SNES e PlayStation 1 e 2.

Commodore 64
MoonShadow
Idea | Paolo Galimberti | Antonio Farina
27 01 2015

The Sacred Armour of Antiriad (1986) è considerato, a ragione, uno dei migliori arcade-adventure per Commodore 64. La sua innovativa struttura, che oggi verrebbe fatta ricadere nel genere 'metroidvania', deve aver lasciato un solco profondo nella mente e nel cuore di Paolo Galimberti, al tempo (1990) giovane programmatore italiano e artefice di ogni singolo aspetto di MoonShadow, grafica e musica incluse. Bastano infatti pochi secondi per notare l'influenza del capolavoro di Palace Software su questo 'fratellino' italiano. Personaggio vagamente barbarico ma dal fisico asciutto, inizio in una foresta con successivo passaggio a una zona caratterizzata da rovine di pietra... e potremmo continuare ancora per molto. Tuttavia, alcune caratteristiche contribuiscono a rendere MoonShadow un'esperienza diversa e non necessariamente peggiore rispetto ad Antiriad. Tanto per cominciare, i nemici sconfitti -non- ritornano in vita successivamente: ciò contribuisce a rendere più ragionate le uccisioni, che ci aiuteranno così a liberare 'permanentemente' alcune aree particolarmente ostiche da superare. Perdere troppo tempo a ripulire minuziosamente tutti gli stage del gioco, tuttavia, potrebbe non rivelarsi un'ottima scelta: per completare MoonShadow, infatti, si ha a disposizione un tempo limitato, scandito dall'avvicinarsi di un'eclissi che si staglia su un piacevole parallasse stellato.

L'engine di gioco di MoonShadow è interessante per vari aspetti. In primis l'inventario, che consente al giocatore di trasportare fino a sei oggetti, fra cui chiavi, pozioni curative e dispositivi vari per aprire porte e cancelli. Uno slot a parte è dedicato alle armi, tutte da lancio, di netta ispirazione G'nG-esca. Intrigante anche la scelta di visualizzare le descrizioni degli oggetti raccolti tramite un testo scorrevole nella parte bassa dello schermo: leggerli sarà di grande aiuto nella risoluzione dei pur banali enigmi. Il personaggio risulta quasi sempre ben controllabile, con la notevole eccezione delle scale: quando ci si trova fra un gradino e l'altro, infatti, saltare in diagonale è un terno al lotto. La difficoltà di MoonShadow, inoltre, seppur ampiamente in linea con i prodotti dell'epoca, appare forse un po' troppo punitiva per gli standard odierni: la necessità di sconfiggere il serpente finale nel non eccessivo tempo a disposizione spinge a un 'trial and error' a tratti eccessivo, fatto di 'restart' e frustrazione, mentre la scelta di poter dare un'occhiata alla mappa soltanto con un oggetto consumabile, benché figlia del momento storico, appare oggi un po' miope. Un vero peccato, soprattutto considerando che la maggior parte del gioco risulta godibilissima ancora oggi. Il consiglio, infatti, è quello di provarlo nonostante questi aspetti un po' grezzi: sarebbe un peccato perdersi questa perla solo per alcune scelte di design poco lungimiranti. La grafica è di ottimo livello, nonostante alcuni 'asset', a partire dal protagonista, ricordino un po' troppo Antiriad, ma è la splendida colonna sonora in-game a distinguere a livello sensoriale MoonShadow dal gioco di Stan Schembri, che - probabilmente a causa di un'estetica molto più pulita e rifinita - era costretto a deliziare le orecchie del giocatore unicamente con qualche jingle ed effetto sonoro.

Purtroppo MoonShadow non ottenne il successo sperato, anche a causa di problemi di distribuzione all'estero e alla non benevola recensione di Zzap! 64 (65%), che uscì con oltre sei mesi di ritardo rispetto al debutto del gioco. Inutile dire che sei mesi, nel florido periodo a cavallo fra il 1990 e il 1991, erano praticamente un'era geologica: quasi tutti i possessori di C64 erano ormai traghettati nelle grazie a 16 bit dell'Amiga e la votazione appena sufficiente della redazione inglese fu un altro chiodo sulla bara del successo del titolo Idea. Questa recensione vuole essere anche un modo 'ufficiale' di rendere omaggio a quest'opera, sicuramente imperfetta, ma realizzata con cuore, tecnica e inventiva da un ragazzo italiano non ancora ventenne.

[DeSangre]


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