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Nyabot Nyabot è praticamente un fantasma, qualcuno della cui esistenza gli stessi redattori di A.Rea. 21 dubitano spesso e volentieri. Compare di tanto in tanto, recensisce qualcosa e poi svanisce di nuovo, probabilmente per tornare nelle tenebre da cui era improvvisamente spuntato. Se lo incontrate, non fidatevi della sua apparenza tenera e coccolosa: tiene sempre in serbo un'ascia da lanciare all'indirizzo dei curiosi...

Apple II
Airheart
Brøderbund | Dan Gorlin
28 06 2012

Citato più volte nei diari di sviluppo di Prince of Persia, nei quali Jordan Mechner lo definisce dapprima privo dei brillanti effetti speciali tanto amati dall'utente medio e poi finalmente dotato di tali effetti, ma per niente divertente, Airheart costituisce un'interessante curiosità nel vasto panorama dei giochi d'annata. Al momento di iniziarne la lavorazione, del resto, Dan Gorlin era reduce dall'incredibile successo di Choplifter e non aveva alcuna intenzione di produrre qualcosa di meno valido del suo rispettato blockbuster. Fu per questo, quindi, che si impegnò su diversi fronti per rendere Airheart speciale, tentando nel contempo di rivoluzionare il modo stesso di scrivere videogiochi.

Airheart, tanto per cominciare, richiedeva tassativamente l'impiego di un Apple IIe, tagliando fuori in questo modo una cospicua fetta dell'utenza Apple e innalzando notevolmente la soglia di ingresso. Tale necessità derivava dall'utilizzo di una peculiare modalità grafica in alta risoluzione sfruttabile per l'appunto soltanto sul IIe e sui modelli successivi, adottata da Gorlin per garantire al suo gioco una spettacolarità senza precedenti sugli home computer commercializzati da Apple. Il risultato, in effetti, era senz'altro meritevole di ammirazione: il look di Airheart risultava particolarmente nitido e pulito, anche per merito delle complesse (e affamatissime in termini di RAM) routine di ridimensionamento degli sprite, per certi versi ineguagliabili al tempo dell'uscita del gioco.

Airheart, comunque, non era tutto tecnica e niente anima. Richiedeva al contrario di impegnarsi per la liberazione di un bambino speciale, ovvero un principe, catturato e crudelmente segregato. Il protagonista dell'avventura, quindi, doveva imbarcarsi in un viaggio marittimo a bordo di un veicolo sospeso sul pelo dell'acqua ed evitare e/o eliminare un gran numero di avversari. Non bisognava soltanto schivare e demolire, comunque: si dovevano anche reperire determinati oggetti, indicati di volta in volta da appositi guardiani e strettamente necessari per guadagnare l'accesso allo scontro finale. L'azione, a ogni modo, faceva da cuore pulsante per l'esperienza di gioco ed era impreziosita da una buona gestione della fisica del veicolo controllato e da un ritmo dosato con perizia, al punto da far dubitare delle riserve espresse da Mechner nei suoi diari. Airheart non era e non è tuttora un capolavoro, per carità, ma da qui a definirlo niente affatto divertente... beh, ce ne passa.

A separare davvero Airheart dalla concorrenza, comunque, fu il modo in cui venne scritto. Gorlin investì infatti quote di tempo e denaro a dir poco inimmaginabili, perlomeno per l'epoca, per allestire un kit di sviluppo tanto complesso quanto avanzato. I giochi per Apple II venivano solitamente realizzati sullo stesso Apple II, a quei tempi, senza far ricorso ad altre risorse, ma Gorlin pensò di indirizzare la creazione di videogiochi verso un nuovo percorso e si dotò di attrezzature e software di ogni genere. Ciò gli fruttò una certa diffidenza da parte di molti altri programmatori, ma oggi possiamo finalmente riconoscere il valore pionieristico del suo operato in materia di sviluppo. Rimane un po' di amarezza, semmai, nel sapere che tanti sforzi non gli consentirono comunque di inserire in Airheart tutto ciò che avrebbe desiderato, spingendolo qualche anno dopo a pubblicarne una versione espansa, rivista e corretta sugli home computer a 16 bit con il titolo di Typhoon Thompson in Search for the Sea Child.

[Nyabot]


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