Sony PlayStation
Parasite Eve
Square | Electronic Arts | Hironobu Sakaguchi | Takashi Tokita | Yoshihiko Maekawa | Hiroshi Kawai
08 12 2021
Le cose in genere vanno così: voi ritrovate un antico gioiello (o una spada magica), un altro misterioso gingillo viene rubato e si rivela fondamentale per il destino del mondo, compaiono dei mostri che attaccano il vostro villaggio, vi vengono rivelate delle arcaiche profezie, solo voi potete salvare l'universo dalle forze del Male e bla bla bla... Diciamocela tutta: i soggetti alla base dei giochi di ruolo potrebbero benissimo essere stati scritti su un tovagliolo durante un pasto consumato in piedi. In ogni caso se un prodotto vende va tutto bene e allora, dati alla mano, perché impegnarsi? Non la pensavano così alla SquareSoft. Parasite Eve (1998) ha rappresentato l'ennesima prova del loro coraggio nello sperimentare nuove idee. Potremmo forse definirlo un 'cinematic RPG', un gioco di ruolo incrociato con Resident Evil, il quale a sua volta era nato da un incrocio di un videogioco con il cinema horror.
La componente più vicina ai classici della Square è comunque predominante: qui non si può semplicemente andare in giro a far saltare cervelli più o meno mutati, ma, come in ogni bravo role playing game, bisogna accudire il protagonista e seguire attentamente lo sviluppo delle sue abilità prima di gettarlo nelle mischie più impegnative. E quello delle mischie è un campo dove la rivoluzione si è fatta sentire: gli appassionati dei giochi Square non troveranno più i classici combattimenti a turni, tipici degli RPG di scuola giapponese, ma una meccanica di gioco nuova, che conserva solo qualche brandello dello schema classico, orientandosi poi verso un'azione in diretta irrobustita da una componente strategica non trascurabile. Il risultato è esemplare, almeno come originalità: è come se i combattimenti tipici di Final Fantasy Tactics (o di Shining Force) si fossero svincolati dalle regole più rigide, come se fossero diventati meno ingessati senza perdere in profondità. L'area di battaglia viene ricoperta da una scacchiera tridimensionale (a cupola) che evidenzia la zona in cui è possibile colpire gli avversari; questo fermo restando che poi ogni arma ha la propria capacità di fuoco (modificabile mediante bonus) e che il danno inferto sarà tanto maggiore quanto minore sarà la distanza. Tenendo conto della mobilità degli avversari, la tattica vincente sarà quindi quella di avvicinarsi quando si ha la possibilità di colpire (cioè quando la barra della vostra energia si è sufficientemente riempita) e allontanarsi subito dopo, per quanto la scarsa rapidità della protagonista e l'esiguità degli spazi disponibili permettono.
Di luoghi dove poter acquisire l'oggettistica necessaria alla sopravvivenza (medicine, antidoti, armi ecc.) non se ne trovano molti; per questo assumono grande importanza le cosiddette 'parasite energies', con funzione analoga alle magie e agli attacchi speciali dei giochi più tradizionali, come pure diventa fondamentale una gestione oculata degli oggetti trasportati, presenti in quantità limitata ma riponibili in apposite casse. Questo è già un punto che ricorda molto il modo di giocare codificato in Resident Evil, ma non è di certo l'unico. Infatti i due titoli sotto delle strutture differenti nascondono un'essenza abbastanza simile, derivante dall'idea che è alla loro base: creare un prodotto adulto e far progredire i videogiochi verso l'utopia del film interattivo (che non ha nulla a che vedere con i lasergame della fine degli anni 80). Bisogna dire che se l'impresa è riuscita meglio a Capcom questo è dovuto essenzialmente alla realizzazione tecnica leggermente superiore, almeno per quanto riguarda la grafica in tempo reale, che nel gioco Square è più rozza come texture e animazioni, ed è dovuto anche alla maggiore accessibilità (il target era completamente diverso, tant'è che una vera distribuzione mondiale di Parasite Eve non è stata nemmeno presa in considerazione).
Pochi avranno invece da ridire qualcosa sulle splendide scene di intermezzo in computer grafica, che introducono le fasi più importanti e contrappuntano i passaggi da un capitolo a un altro della sceneggiatura, accompagnando lo spettatore verso i diversi finali della storia. La storia in questione poi, come molti già sapranno, è un esempio di fantascienza biomolecolare (o come diavolo volete definirla) che riesce nell'impresa di risultare credibile e di farsi seguire nonostante delle premesse perlomeno ardite. In pratica questo è quanto accade: pare che i mitocondri (sfoderate la vostra preparazione in biologia: sono gli organelli cellulari deputati alla sintesi dell'ATP che, a sua volta, fornisce l'energia di base necessaria alle funzioni vitali) debbano essere considerati delle individualità geneticamente indipendenti, in quanto provvisti di un proprio distinto DNA. Di conseguenza: vivono in simbiosi con la cellula? Sono suoi parassiti? O è la cellula che sfrutta le loro capacità di sintesi? Bene: comunque i mitocondri prendono a un certo punto consapevolezza di sé stessi, decidono di finirla con la schiavitù e iniziano la rivoluzione contro gli organismi a base cellulare, a cominciare da un essere umano (la nostra cara Parasite Eve) che dovrebbe diventare l'archetipo di una nuova specie e la testa di ponte dell'invasione.
A partire da questo intreccio di base si sviluppano delle storie collaterali, tutte in attesa di risposte. Perché la protagonista, Aya Brea, resiste all'attacco della letale Eve? Aya e Eve sono sorelle? Perché il figlio dell'altro detective, Bo Dollis, e la sua ex-moglie sono oggetto di un misterioso programma di studi del museo di storia naturale? Già da questi cenni si può capire che il soggetto è molto articolato e che tutto si potrà dire tranne che non è originale e comunque distante dai luoghi comuni utilizzati in tanti altri casi. Tra uno spargimento di sangue (e di altri liquidi organici) e un'esplorazione con annessi combattimenti, le fasi di puro orrore (affidate ai fantastici FMV) comunque abbondano, restando però di fatto separate dal cuore del gioco che mostra invece qualche piccolo problema e qualche caduta di tensione. Difatti la decisione infausta di localizzare i combattimenti sempre negli stessi punti spezza spesso l'atmosfera, trasformando la tensione in noia. Questo, accoppiato alla indubbia lentezza con cui si muove la protagonista, può rendere monotone le esplorazioni a largo raggio.
Personalmente trovo inappuntabile anche la criticata colonna sonora: certo che l'assenza totale di musica in alcune scene e la ripetitività di alcuni temi musicali (disgraziatamente proprio quelli accoppiati alle fasi di ricerca più lunghe) possono anche infastidire. Parasite Eve, in definitiva, viaggiava tra numerose luci accecanti e qualche difetto di troppo (tra cui una longevità ottima per un'avventura ma inadeguata per un gioco di ruolo). Il 'cinematic RPG' è così rimasto un ibrido, magari non del tutto compiuto, che non ha incontrato i gusti di tutti (non è che ai tempi l'accoglienza sia stata proprio entusiastica) ma di sicuro ha incontrato i miei. Ma la mia speranza che i giochi di ruolo potessero evolvere anche in questa direzione, dopo centinaia di clonazioni di vecchi schemi, negli anni non si è concretizzata, o comunque non del tutto. D'altro canto l'evoluzione non produce effetti visibili in poco tempo e questo evidentemente vale anche per il fatuo mondo dei videogiochi.
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