Dopo aver fondato A.Rea. 21 insieme a NO1 e
LH3CT, Shrapnel ha svolto il lavoro di mantenimento
del sito fino alla chiusura dello stesso e ne ha poi
curato la riapertura. Ha scritto su Super Console, Mega
Console, Videogiochi e PSM, ha gestito per due anni e
mezzo un negozio di videogiochi e ha lavorato come
game designer e sceneggiatore su uno sparatutto per PC
intitolato Steel Saviour. Ha inoltre scritto per un paio
di riviste cartacee dedicate agli utenti iOS e macOS.
Sinclair ZX Spectrum
Contact Sam Cruise
Microsphere
20 09 2005
Quello dei giochi di ispirazione noir fu, per un certo periodo di tempo, un sanguinoso campo di battaglia per le dispute tra gli utenti del Commodore 64 e quelli dello Spectrum. I primi, infatti, avevano dalla loro parte autentici capolavori del calibro di Borrowed Time e Deja Vu, presi in prestito dalla nuova ondata di macchine a 16 bit insieme alle relative interfacce grafiche, tremendamente innovative e attraenti. C'era da masticare amaro, insomma, per gli amanti della scatoletta nera di sir Clive Sinclair, più che altro perché l'unica arma che quest'ultima poteva opporre alle ingiurie dei sessantaquattristi era praticamente sconosciuta al di fuori dell'Inghilterra. Arma che, ovviamente, era il qui presente Contact Sam Cruise.
Era questa, infatti, un'avventura di stampo arcade chiaramente ispirata ai romanzi di Raymond Chandler, durante la quale il giocatore era chiamato a prendere il controllo di un investigatore privato idealmente assai simile al celeberrimo Philip Marlowe. Sam Cruise era, inutile dirlo, il detective in questione, incastrato all'inizio del gioco dalla convocazione in una stanza d'albergo il cui unico occupante era (sorpresa!) un cadavere. Morto ammazzato, s'intende. E ormai quasi scoperto dalla polizia, solertemente chiamata da chissà chi e intenta a salire rapidamente le scale dell'albergo. Stava a Sam Cruise, a questo punto, dimostrare la propria innocenza e indagare nel frattempo su un misterioso caso, facendo ricorso alle molteplici possibilità di interazione messe a disposizione del giocatore da Microsphere. Ecco quindi che ci si trovava a eseguire salti mortali e capriole per schivare proiettili e raccogliere banconote vaganti (apparentemente volate via durante una rapina in banca), a ricorrere a improbabili travestimenti per sfuggire alla polizia, a utilizzare di tanto in tanto il telefono e, soprattutto, a vagabondare per i palazzi di una metropoli stanca e sporca. E, una volta entrati in uno stabile (dentro il quale il movimento del protagonista poteva essere seguito solo attraverso le finestre), le possibilità di interazione continuavano a stupire e affascinare, dal momento che era possibile alzare e abbassare le tapparelle, accendere e spegnere le luci, aprire e chiudere porte e portoni.
Certo, il sistema di controllo (che prevedeva unicamente l'utilizzo di una quindicina di tasti, e non del joystick) era piuttosto complicato e richiedeva una buona memoria per essere sfruttato appropriatamente, mentre il sonoro, al contrario dell'ottima grafica, non era esattamente memorabile, eppure... eppure la sensazione di trovarsi in un mondo vivo e pulsante, fatto di passanti, di gatti randagi, di gangster e di poliziotti di ronda era troppo sbalorditiva, troppo nuova per permettere di fare attenzione agli aspetti tecnici meno riusciti del gioco, che a ben vedere rappresentava per l'epoca un vero gioiello di narrativa interattiva.
[Shrapnel]