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Dan Hero Alle soglie degli 'anta, Dan Hero resta un giovane vecchio con lo sguardo e il cuore immutabilmente fissi al passato. Da una decade circa ospite non gradito sulle pagine di TGM, snocciola mensilmente sermoni irremediabilmente noiosi riguardo quanto meravigliosi fossero i videogiochi dei bei tempi andati, coltivando nel contempo il sogno di fondare una software house nichilista e creare titoli nati vecchi che nessuno giocherà.

[nuRetro] Commodore 64
The Age of Heroes
Psytronik | Trevor Storey | Achim Volkers | Saul Cross
07 04 2019

Perché magari alla Psytronik credevano che per replicare Rastan su Commodore 64 sarebbe bastato un buon rilevamento di collisione e uno sprite che avanza nerboruto da sinistra verso destra, affettando all'occorrenza bestiacce varie immerso in un'ambientazione fantasy. Fosse quello il caso, avremmo forse potuto sbracciarci estasiati davanti al successo di The Age of Heroes, trovandoci finalmente di fronte a un titolo capace di lavare l'onta lasciata dalla mediocre conversione del cimmerico arcade Taito, pubblicata in un esplosivo 1988 da parte della solita Ocean. Purtroppo non è questo il caso: The Age of Heroes è un gioco mediocre, che ha dalla sua il merito di offrire un'esperienza tecnicamente ben realizzata contenuta in un solo caricamento, ignorando però tutto quello che rendeva Rastan un titolo meritevole di essere foraggiato con generose dosi di monetine oltre trent'anni fa.

Manca un vero e proprio level design, con le scarpinate del nostro sprite munito di durlindana ridotte a una scampagnata a scorrimento orizzontale inframmezzata da qualche piattaforma e una manciata di liane messe lì per quieto vivere, alle prese con un bestiario ridotto e poco ispirato, dotato di schemi d'attacco elementari e di una generale tendenza a fondersi con la spenta palette dei fondali. È monotono, The Age of Heroes, tanto che risulterebbe un gioco privo di grinta e carisma anche senza fare inopportuni paragoni con l'illustre ispiratore a gettone. Lo si finisce agilmente alla prima partita, penalizzato com'è da un livello di sfida a dir poco imbarazzante, esacerbato da un trascurabile elemento ruolistico che non fa altro che incrementare a intervalli più o meno regolari le riserve d'energia del protagonista, rendendolo praticamente inaffondabile nelle mani di un giocatore anche solo sufficientemente esperto.

A nulla serve la spartana mappa consultabile tra un livello e l'altro ove stabilire la prossima destinazione e decidere l'ordine con cui affrontare i brevi livelli fatti in serie con lo stampino: vorrebbe donare a The Age of Heroes una parvenza di profondità extra, ma si rivela solo un mero espediente per allungare il brodo più del dovuto, affibbiando al giocatore la ricerca di gigantesche gemme con cui aprire determinati cancelli. Basti pensare che, una volta finito il gioco, il successivo livello di difficoltà (The Challenge of Heroes) si limita a presentare gli stage in maniera continua, spogliando l'ultimo virgulto di Psytronik di ogni velleità esplorativa. Come ciliegina sulla torta ci sono i tre boss, descritti come 'epici' sul sito del gioco ma praticamente identici l'uno all'altro, ridotti a pixellosi faccioni fluttuanti da far fuori rispedendo al mittente i loro stessi proiettili, intercettabili con un preciso fendente.

The Age of Heroes prova ad avere un cuore rivolto al passato sin dall'inizio, quando cerca di rimembrare i fasti e le forme della principessa Mariana concedendo la scelta tra un guerriero di sesso maschile o femminile, ma i due sono praticamente identici sia nelle caratteristiche che nell'aspetto: se questa voleva dunque essere una strizzata d'occhio nostalgica all'epoca di Barbarian II o Sword of Sodan, possiamo affermare con certezza che si tratta dell'ennesimo buco nell'acqua. Il problema più grande del gioco, a conti fatti, è l'assoluta mancanza di ambizione. Vorrebbe raddrizzare torti e riportare il vecchio Commodore 64 a un'epoca in cui pixellosi ma ipertrofici barbari decapitavano nemici tra la gioia dei ragazzini e le esaltanti valutazioni delle riviste, ma riesce a malapena a piazzarsi al livello di titoli come Storm Warrior. Forse l'aspetto più ispirato è la colonna sonora firmata da Saul Cross, ma allo stato attuale viene adombrata dalla mediocrità del resto. Magari valutare l'uso del multiload avrebbe aiutato, assieme a quel pizzico di game design che qui pare ridotto ai minimi storici: così com'è, The Age of Heroes è un gioco scialbo e pigro, incapace di mantenere alta l'attenzione per più di un pomeriggio.

[Dan Hero]


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