Sinclair ZX Spectrum
The Lords of Midnight
Beyond | Mike Singleton
25 06 2018
Mike Singleton, ovvero il Signore della Mezzanotte, nonché eroe dell'isola di Midwinter, ci ha lasciato il dieci ottobre 2012: vorrei quindi spendere qualche parola qui, per ricordare l'uomo e le sue opere. Il mio primo, 'vero' contatto con l'arte di Singleton avvenne in verità piuttosto tardi. Certo, apprezzai Midwinter tantissimo - un gioco immenso che, assieme a Dungeon Master e Chaos Strikes Back, formava la Sacra Trinità dei titoli da invidiare con tutte le forze ai possessori di ST. Ma il colpo di fulmine arrivò con l'acquisto del numero 77 di Zzap!64, risalente al settembre del 1991: il glorioso C64 si stava avviando con irrimediabile certezza sulla strada della pensione, ma non era un motivo sufficiente per trascurarlo.
Comprai quel numero per la demo di Rubicon, ché io alla Thalamus stile re Mida continuavo a crederci, anche nell'era dei sedici bit. Sul numero c'era un'intervista a Mike, e rimasi affascinato dalla sua produzione e dalle sue idee, tanto rivolte al futuro quanto alle piattaforme sul viale del tramonto. Una versione di Midwinter in bitmap per il C64, così come avvenne (oddio, magari anche meglio) con Carrier Command? Semplicemente geniale, l'avrei sicuramente comprata. Lords of Midnight, però, all'epoca non l'avevo mai giocato. Mea culpa, ma non mi capitò mai sotto le mani; tuttavia il destino volle che tale gioco condividesse il Megatape in omaggio con la rivista, sul lato B. Consumai letteralmente quella cassetta, fissa nel mio Datasette per mesi, ma la demo di Rubicon la provai solo una volta.
Prima di dedicarsi alla programmazione, Mike era un insegnante di inglese nel Merseyside, dalle parti di Liverpool. Abbandonata la vita dietro le cattedre trovò nel codice un nuovo modo per far quadrare i conti: appresi i rudimenti del BASIC sull'arcaico Commodore PET, cominciò a produrre alcuni semplici videogiochi prima del successo di Space Ace (no, Don Bluth e i lasergame non c'entrano), un titolo arcade interamente scritto in codice macchina pubblicato da Petsoft in oltre 300 copie - un record di vendite considerevole per il 1980.
All'epoca Petsoft era in trattative con Sinclair per fornire software per la loro nuova macchina, lo ZX80. L'appalto, però, finì nelle mani di Psion, lasciando a bocca asciutta Petsoft e Mike: quest'ultimo però riuscì a contattare telefonicamente Clive Sinclair e inviargli alcuni giochi. A quanto pare l'impressione fu più che buona, dato che venne invitato a Cambridge assieme ad altri promettenti programmatori per mettere in anteprima le mani sul supersegreto, nuovissimo ZX81. La macchina era ancora un rozzo prototipo, niente più che una EPROM infilata nell'involucro di uno ZX80, ma un fiducioso Clive ne consegnò delle copie ai suoi visitatori affinché provassero a stupirlo. Mike riuscì a comprimere sei giochi in BASIC in quello stretto limite di memoria realizzando Game Pack One, uno dei primi bestseller per la neonata macchina, portando a casa un record di quasi centomila pezzi venduti. Seguirono diversi giochi pubblicati per varie softco, tra i quali spicca un certo Shadowfax. Uscito per l'etichetta Postern nel 1982, il gioco ci vedeva nei panni di Gandalf a cavallo del suo destriero, Shadowfax appunto, intento a spazzare i cavalieri oscuri a colpi di fulmini magici, il tutto ovviamente senza sborsare una sterlina per i diritti. Il gioco meriterebbe di essere riscoperto anche solo per le fenomenali routine di animazione dei destrieri, che utilizzavano le sequenze fotografiche di Eadweard Muybridge.
La passione per l'universo di Tolkien però continuò a essere musa ispiratrice anche per il suo gioco più celebre, The Lords of Midnight, che uscì per Beyond nel 1984, riscuotendo un massiccio 10/10 sulle pagine di Crash. Parte avventura testuale, parte strategico e parte gioco di ruolo, il titolo è ambientato nelle terre di Midnight, attanagliate nella gelida - è il caso di dirlo - stretta del despotico stregone Doomdark. A lui si oppongono quattro personaggi giocabili, ovvero Luxor the Moonprince, suo figlio Morkin, Rorthron the Wise e Corleth the Fey. Questi posso essere individualmente mossi nella gigantesca area di gioco reclutando alleati e armate per combattere le truppe dello stregone, che possono però contare sulla Ice Fear, un potere in grado di instillare la disperazione anche nei cuori dei più valorosi rendendoli incapaci di continuare a lottare.
Dalla loro, gli eroi hanno un paio di vantaggi: Morkin è immune alla Ice Fear e il suo compito è quello di distruggere la fonte del potere di Doomdark, la corona di ghiaccio, sulla Tower of Doom nel cuore della cittadella nemica, mentre il padre Luxor è in grado di comandare a distanza truppe e alleati per coordinare le unità belliche. La vittoria quindi può essere raggiunta sia distruggendo l'artefatto, sia conquistando la capitale nemica prima che le truppe avversarie schiaccino le armate della resistenza: suona familiare? Gioco 'epico' (aggettivo prontamente utilizzato tra le prime righe del manuale) scritto da un solo uomo in sei intensissimi mesi di programmazione, con contorno di hype creato ad hoc con interviste ed estenuanti pubblicità sulle riviste di videogiochi d'oltremanica del tempo, The Lords of Midnight fagocitò avidamente tutta la memoria disponibile nello Speccy, tanto che Mike dovette riformulare il codice quattro volte prima di avere pronta una versione definitiva, ricordando come all'epoca aveva in casa una scatola colma di cassette che venivano costantemente riscritte nel tentativo di ottimizzare il programma, poco alla volta.
Proprio a causa di questa lotta all'ultimo byte contro le limitazioni della macchina è possibile trovare incongruenze con il progetto originale: nel manuale, per esempio, si parlava degli Utarg, reclutabili dal giocatore ma facilmente vulnerabili alla Ice Fear, ma nel gioco, di questa caratteristica, non vi era traccia. Nonostante le limitazioni, la resa grafica era mozzafiato: sfruttando una tecnica successivamente conosciuta come Landscaping, il gioco disegnava dinamicamente i fondali a seconda della distanza dal giocatore, ingrandendo quindi progressivamente elementi del paesaggio in lontananza mano a mano che venivano avvicinati nelle 4000 località che caratterizzavano le terre di Midnight. La grafica era quindi parte integrante dell'esperienza di gioco, al contrario di titoli come The Hobbit, preso in esame da Mike in virtù delle schermate, belle ma semplicemente accessorie al testo e troppo lente nel processo di generazione su schermo. Ironicamente, la ristretta palette dello Spectrum fu involontariamente ispiratrice per l'ambientazione: poiché il contrasto bianco/blu nella monocromia dei fondali funzionava così bene venne adottato un mondo ghiacciato.
Recensioni a parte, il successo del gioco fu immediato e subito fiorì una solida schiera di appassionati intenta a scoprire le strategie più efficaci per aver la meglio su Doomdark con una dedizione tale da lasciare a bocca aperta lo stesso autore che, codice e soluzione alla mano, si trovò davanti a tattiche ben più elaborate di quelle da lui inizialmente concepite. A onor del vero, tale passione fu dovuta, oltre all'indiscussa qualità del titolo, anche a un concorso orchestrato da Beyond: la prima persona a finire il gioco stampando il testo della sua avventura schermata per schermata avrebbe avuto l'onore di veder narrate le proprie gesta sotto forma di una novella. In realtà, Beyond non riuscì a trovare un editore interessato e venne anzi considerata la possibilità di creare una graphic novel disegnata da Roger Kean e Oliver Frey, ma alla fine non se ne fece nulla. Ricordando quello che Mike riuscì a compiere con risorse tanto limitate, comunque, viene da pensare che, se egli fosse stato assunto da Bethesda, un eventuale The Elder Scrolls con la sua firma sarebbe stato ambientato in un intero sistema solare, dettagliatissimo: Phantasy Star e Skyrim non siete nessuno, davvero.
[Dan Hero]