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Dan Hero Alle soglie degli 'anta, Dan Hero resta un giovane vecchio con lo sguardo e il cuore immutabilmente fissi al passato. Da una decade circa ospite non gradito sulle pagine di TGM, snocciola mensilmente sermoni irremediabilmente noiosi riguardo quanto meravigliosi fossero i videogiochi dei bei tempi andati, coltivando nel contempo il sogno di fondare una software house nichilista e creare titoli nati vecchi che nessuno giocherà.

Coleco ColecoVision
Donkey Kong Jr
Coleco
19 07 2015

Donkey Kong Jr è la mia madeleine videoludica. Ché alla domanda "Qual è stato il tuo primo videogioco?" sono tutti bravi a sparare alto. Space Invaders, Pong, Tennis For Two e chi più ne ha, più ne metta. Ma, onestamente, qual è il primo videogioco a cui ti sei veramente dedicato, che hai davvero sentito tuo?

Donkey Kong Jr è la mia macchina del tempo. Era il gioco in cui inserivo le cento lire al bar di Galileo, storico locale adorabile se visto con gli occhi di un bimbo, al centro dei giardini pubblici del mio paese. Aveva Scramble e il gioco del pargolo primate ed ero innamorato di entrambi. Mi facevo dare le monetine dal nonno che giocava a carte con gli amici lì vicino e via tra liane, frutti cadenti e Snapjaw letali. Solo che all'epoca non sapevo che si chiamassero in quel modo, così come ignoravo cosa volessero dire le tre lettere "MIY" nella tabella dei punteggi. Bravo Miyamoto e bravo anche Yukio Kaneoka, che mi faceva spaventare un po' all'inizio, quando i due Mario (?) portavano via la gabbia con papà Kong sotto le note della Toccata e Fuga in Re Minore di Bach. E allora andavo pazzo anche per il ColecoVision, ché prima degli anni Novanta, del Neo Geo e di GaManteau che ti si palesava sui flyer giapponesi per imprimerti lo slogan "Portiamoci a casa i giochi tosti", i videogame in cui infilavi le cento lire potevi goderteli tra le mura di casa sulla console delle meraviglie griffata COnnecticut LEather Company. Siano benedetti Maurice Greenberg e discendenza, così come Eric Bromley che, durante una sosta al bagno negli uffici di Nintendo (sul serio), vide il coin-op di Donkey Kong e lo volle come 'killer application' per il futuro ColecoVision.

È una macchina che amo, il ColecoVision: generatore a getto continuo di bava quando appariva nelle pubblicità di Topolino, ora è sempre qui con me, costantemente collegato a un buon catodico. Non potevi non venerarlo e reputarlo la macchina dei sogni, se amavi i videogiochi, dato che rendeva obsoleta la concorrenza di Atari e Mattel grazie a conversioni arcade commoventi nella loro bellezza. Donkey Kong Jr è molto buono, non perfetto ma quasi, un vero miracolo per il 1983 in soli 16 kilobyte. Un adattamento che umilia pesantemente le versioni Intellivision e Atari 2600 come da copione, che riesce a rendersi superiore anche rispetto alla claustrofobica versione per i computer a otto bit della casa di papà Bushnell. Mancano purtroppo il livello con l'elettricità e qualche particolare, tra cui l'introduzione e l'animazione di morte dello scimmiotto, che resta fisso sul posto mentre suona il jingle; tuttavia quel che resta si gioca benone. L'adattamento replica lo schema dei livelli visto nella versione americana del coin-op, con il primo stage immediatamente seguito da quello in cui si libera Donkey Kong facendo salire le chiavi ed evitando Snapjaw e Nitpicker. Il livello con il trampolino lo si incontrerà quindi dal secondo 'giro' in poi, in mezzo a quelli già affrontati, con la difficoltà che aumenta di volta in volta.

Quello che colpisce è sicuramente la resa grafica, spettacolare se presa a sé ma assolutamente mozzafiato se paragonata a quanto visto sui rivali dell'epoca, con lo sprite di Junior incredibilmente fedele nei suoi cinque colori e nemici altrettanto convincenti, seppur meno particolareggiati, mentre l'area di gioco non fa soffrire il passaggio dal monitor verticale agli schermi casalinghi. E, nonostante l'antipatico controller del Coleco (uno di quegli aggeggi che alla soglia degli 'anta non ho ancora capito come impugnare), il protagonista si controlla divinamente, con una risposta perfetta e precisa. Non ci vogliono schemi complessissimi per realizzare un titolo vincente e duraturo: così insegna Nintendo, così mi ha insegnato Donkey Kong Jr nel bar di Galileo, in quella primavera del 1983. Che poi né lui né il suo locale esistono più, ma giocare Donkey Kong Jr sul Coleco mi permette di ricordarli e omaggiare la mia infanzia a tutto tondo, riportando alla mente luoghi, giochi bellissimi e il desiderio di averli a casa, "uguali al bar". Proust ne sarebbe davvero orgoglioso.

[Dan Hero]


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