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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sega Mega Drive
Aladdin
Sega | Virgin | Disney
21 09 2011

Negli anni Novanta non si poteva fare un film di successo senza avere, di conseguenza, un videogioco per Mega Drive e per Super Nintendo, manco si trattasse di un processo biologico naturale. Ancora di più se la produzione era targata Disney: allora non c'era davvero nessuna chance di salvezza da questo destino, soprattutto se la casa madre decideva di metterci direttamente le mani. E così ci ritrovammo graziati, anche nel caso del celebre Aladdin, di un (indovinate) platform game. Anzi, di due. Perché in realtà le due uscite per le console regine di quei tempi erano molto diverse.

Alle corte: Aladdin (il giovane beduino della storia del genio e della lampada da sfregare, insomma) si è perso la lampada in questione, ovviamente finita nelle mani del cattivo di turno, Jafar. Sfortunatamente il nostro eroe inizia la sua avventura nel mercato di Agrabah, mentre Jafar è chiuso nel palazzo del sultano, distante ben nove livelli di gioco pieni di piattaforme da percorrere e da esplorare (e vabbè). Ancora peggio: Jafar ha rapito la bella Jasmine e ha inviato i suoi sgherri per tenere alla larga Aladdin, anche se poi il giovane bedu la sua bella scimitarra ce l'ha, la sa usare e ha pure a corredo una piccola scorta di mele, che utilizza per colpire vari bersagli e per eliminare i soldati del sultano o quello che gli capita a tiro. Non c'è quindi molto di diverso da quanto si può ritrovare in qualsiasi platform tradizionale, come è ovvio che sia. E infatti non è su questo che si basa la fortuna di questa produzione Disney/Virgin, arrivata ai tempi (fine del 93) ai vertici di tutte le classifiche, con budget degni di un blockbuster da cinema: quello che riusciva a separarla dalla grande massa era la qualità della presentazione, e in particolare l'impostazione grafica e sonora.

L'impatto visivo di Aladdin è infatti scintillante, per certi versi (animazione, grandezza degli sprite) il migliore mai ottenuto sulla vecchia console Sega. Il nostro giovane arabo sgambetta, si arrampica, fa acrobazie e combatte in mezzo a paesaggi esotici e ad avversari realizzati con cura inusuale, con un realismo degno di un cartone animato e senza che questo complichi la risposta ai comandi del joypad. A essere proprio ipercritici dovremmo segnalare che la parallela versione per Super Nintendo, del tutto diversa, raggiunge forse livelli di sfarzo ancora maggiori, in particolare nel disegno dei fondali: per una volta, però, il platform Capcom presenta sprite più piccoli rispetto a quello che succede in quello Virgin (e si può parlare di pareggio, quindi). L'audio non è poi da meno: prendendo a prestito molti dei motivi musicali presenti nel cartoon, la colonna sonora riesce a sfruttare bene le capacità del Mega Drive, favorendo così una riproduzione credibile, per quanto non fedelissima, delle atmosfere disneyane. Tutto bene, quindi, se non fosse che questa è una delle produzioni di esordio sul grande mercato di David Perry, ancora prima della fondazione della sua Shiny Entertainment, e come tale presenta tutte le caratteristiche delle sue prime creazioni, come la levità (e potrebbe pure essere un bene), qualche originalità staccata dal contesto generale e la brevità del tutto (e questa è un'aggravante fatale: se fossimo in altri tempi e ambiti si parlerebbe di roba puramente commerciale). Ma dato che siamo in zona tendenzialmente prepuberale e a distanza di una ventina di anni, possiamo farci catturare dalla nostalgia e prendere quello che di buono ci è concesso, senza tanti giri cerebrali e magari meravigliandoci ancora dello spettacolo.

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