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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sega Mega Drive
Virtua Fighter 2
Sega
02 06 2009

Mistero della fede: la reale esistenza di una cartuccia con sopra il nome di Virtua Fighter 2 è stata a lungo dibattuta. Io ricordo di averne rintracciato un esemplare a Parigi (Stock Games, vicino alla Sorbona) senza decidermi all'acquisto, sciaguratamente, ma a distanza di lustri non potrei nemmeno giurarci. Peraltro: Computer and Videogames si sparò al riguardo una bella recensione nell'inverno del 96, segnalando quindi la sua presenza ufficiale sul mercato inglese, mentre attualmente su internet le schede informative parlano di distribuzione avvenuta anche in USA e Sega stessa si è presa la briga di inserirlo nella sua compilation di retrogame per PS2. La questione è insomma troppo pastosa (strana la mancata uscita per il Megadrive giapponese) e la curiosità forte: alla fine ci siamo decisi per una volta a ricorrere al succitato simulacro per PlayStation 2 e amen.

In ogni caso, ritenendo Virtua Fighter la miglior serie di picchiaduro mai ideata da mente umana, l'idea di ritrovarmelo convertito su Megadrive non poteva che sbalordirmi. Le immagini fisse, per di più, stanno a testimoniare l'ottimo lavoro di ricostruzione grafica operato dal team (produttore: Toshinori Asai, e Yu Suzuki relegato al solo ruolo del supervisore), con personaggi e fondali che abbandonando i poligoni e passando alla bidimensionalità assumono un carattere completamente diverso, ma che restano comunque credibili. Fatto sta che in realtà il tutto non è che si muova proprio bene bene: partire da modelli tridimensionali in motion capture e shading per arrivare a sprite piatti non deve essere stato facile, ma di sicuro i tagli di frame e di intere animazioni voluti da Sega si vedono e comportano anche danni di non poco conto a carico del modo di giocare. Per di più il sacrificio riguarda anche l'eliminazione integrale di due personaggi (non a caso Lion e Shun, cioè proprio quelli che maggiormente utilizzavano la profondità tridimensionale nei loro attacchi; alla fine resta però la possibilità di utilizzare la androide factotum Dural). Detto e previsto tutto questo (data causa e pretesto), concediamo però al tentativo coraggioso la condizionale d'obbligo. C'è infatti qualcuno che poteva ragionevolmente pensare a un Megadrive in grado di muovere la conversione fedele di uno dei migliori coin-op 3D di tutti i tempi?

A questione chiarita e fatti salvi i fuori categoria (Street Fighter II, in pratica), Virtua Fighter 2 deve quindi essere inserito nel gruppetto dei migliori beater per la vecchia scatola nera di Sega, almeno per il suo pedigree. Anche se, come dicevamo, il gameplay soffre di qualche amputazione, non tanto per la perdita del 3D (tutto sommato marginale ai fini pratici anche nella versione di partenza), quanto per una perdita di spessore. Qui l'impresa di ricostruzione era però ancora più disperata. Le linee di gioco di Virtua Fighter 2 rappresentavano allora un paradigma per il genere tutto: inutile sperare in una replica integrale all'interno di una semplice cartuccia. Così, anche se il modo di impostare la maggior parte degli attacchi combinati qui resta uguale, non tutte le combo sono state in effetti riprodotte, e questo fa della versione per Megadrive un gioco non poco distante dalla versione originale, nonostante la velocità e la bontà dei controlli di base (stranamente però penalizzati dalla lentezza di qualche animazione). L'atmosfera originale viene poi in qualche modo rimessa in piedi anche grazie a una presentazione ben impostata dal punto di vista grafico e all'ottima colonna sonora, a parte le solite defaillance del Megadrive quando si tratta di riprodurre campionamenti particolari. Buon tentativo, insomma, tenendo conto di tutto. Solo che è un po' come vedersi Lawrence d'Arabia su un 18 pollici in bianco e nero, con le scene migliori tagliate dalla pubblicità. Non è mica la stessa cosa.

[NO1]


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