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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sega Mega Drive
Earthworm Jim
Virgin | Playmates | Shiny
08 02 2009

Nella maggior parte dei casi la domanda "Sei un uomo o un verme?" provoca risposte violente. Tutto il contrario nel mondo di New Junk City e di Earthworm Jim: qui i vermi prosperano e possono trasformarsi in super eroi. Infatti al nostro protagonista di verme è rimasto ben poco: Jim è un bestione alto due metri, vestito come un astronauta e a tutto assomiglia tranne che a un lombrico mangia terra (oddio, una faccia un po' così, un'espressione un po' così ce l'ha). È una complicata storia di discariche, tute spaziali mutagene, alieni, corvi, principesse insetto e regine cattive. Il David Perry, autore in primis del tutto, finalmente sganciato dalle licenze che lo avevano costretto a percorrere sentieri obbligati nelle prime produzioni per Megadrive (Cool Spot - 7 Up, Global Gladiators - McDonald's, Aladdin - Disney) dà insomma libero sfogo a quella vena di follia che lo porterà poi fino ai vertici di Messiah (follia comunque non abbastanza costruttiva per arrivare a mettere in piedi una storiella plausibile, almeno qui). Fatto sta che è proprio allora (1994) che la californiana Shiny Entertainment tocca l'apice della sua popolarità, con annessi franchising, fumetti e cartoon derivati.

Solo un dubbio. Shrapnel ha sempre odiato David Perry, e io ho imparato a fidarmi. Un furbastro, diceva lo Shrapnel, capace solo di raccogliere luoghi comuni da altri videogiochi e riproporli frullati e guarniti da qualche trovata ad effetto (non so, ad esempio le mucche volanti di questo Earthworm Jim oppure i maiali del sequel). E sulla base di questa superficie scintillante tutti giù ad incensarlo, abbagliati appunto da qualche spunto divertente, da una grafica mirabile e da una memoria corta che impedisce di ricordare da dove arrivino gli elementi della miscela. Secondo me Shrapnel non aveva tutti i torti: di Earthworm Jim, tolta la decorazione, rimane solo uno scheletro da normalissimo platform, a tratti anche irritante nella sua natura impervia. Non che questo sia un guaio vero e proprio: i videogiochi a 16 bit non sono quasi mai stati terreno per grandi innovazioni e non si vede perché proprio la fino ad allora conservatrice Shiny dovesse tentare il salto mortale. Ma alla fine non possono certo essere le nonnine zompettanti sulle scale di qualche livello a far emergere questi classici di Shiny dal mare di platform bidimensionali tutti uguali (bastano invece per avere recensioni più favorevoli, come infatti successe).

Detto questo, Earthworm Jim i suoi bravi meriti ce li ha, come non gli si può certo negare il successo travolgente avuto ai tempi. Probabilmente ancora adesso, ad andare ad interpellare i nostalgici, chiunque finirebbe per infilarlo in una lista di vecchie glorie. Il prodotto finale, insomma, ha un'aria folle grazie al character design e alla colonna sonora con tanto di banjo e Mussorgsky, ma è di sicuro ben oliato. A metà strada tra il platform acrobatico e uno shooter anomalo (come il leggendario Gunstar Heroes, ad esempio), Earthworm Jim non mostra incertezze nei controlli e soprattutto sfrutta in pieno la già citata grafica di alto livello: colorata, a tratti incredibile (difficile trovare sul Megadrive qualcosa di simile alla sezione con gli asteroidi) e con il merito di dare un'illusione di organicità al tutto. Nel senso che, sulla scorta della rappresentazione di terreni anomali come discariche, depositi di liquami e tubi intestinali (!), le scenografie arrivano a mimetizzare completamente le piattaforme tradizionali, fino a costruire panorami complessi e più vicini a quelli di un gioco di ruolo. Questo, unito a una intensità che già al livello normale mette a dura prova la precisione e i riflessi di giocatori anche scafati, fa di Earthworm Jim un bocconcino duro da masticare, tra l'altro. Anche perché, per motivi imperscrutabili, qui manca un sistema di salvataggio che consenta a qualche sciagurato di riprendere il gioco interrotto (al contrario di quanto succederà poi nel sequel). Con otto livelli, estesi in due o tre sezioni e con tutta una serie di bonus da individuare, portare a termine la prima avventura del nostro Jim può quindi diventare una questione complicata, pur con tutta la soggettività del caso. Non all'altezza della sua reputazione di rivoluzionario (e forse nemmeno del suo seguito del 1995), insomma, ma che si tratti di un prodotto di qualità si vede ancora, e bene, a quindici anni di distanza.

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