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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Nintendo Super NES
Lufia & The Fortress of Doom
Taito
16 11 2009

Quando Lufia & The Fortress of Doom scivolò inatteso tra i regali di Natale (per il 93 il passato remoto è d'obbligo) mi sentii piuttosto contrariato. O al massimo incuriosito: non mi aspettavo che il misterioso Estpolis, titolo originale giappo del Lufia di cui sopra, venisse traslato in una versione intellegibile. Insomma: nessun hurrah, ma un atteggiamento di sano pragmatismo.

Peraltro messo a dura prova quasi subito, già dalla lettura del libretto. Anche se siete neofiti, per carità non mettetevi a leggere il libretto di Lufia. Nel tentativo di divulgare la materia a tutti, i tipi di Taito si sono spinti un po' troppo in là, fino a descrivere e ad offrire soluzioni in lungo e in largo per 40 delle 50 ambientazioni presenti, regalando al volgo anche una bella mappa, tanto per annullare qualsiasi residua necessità di esplorazione. Un'accurata descrizione degli oggetti e delle magie, insieme a un decina di minuti video dedicati a mostrare quello che succederà poi nella battaglie più dure, vengono regolarmente concessi, lasciandovi a chiedervi perché mai giocare il gioco se sapete già quasi tutto. Comunque, una volta bypassato il pericolo (ovvero: dopo non aver letto il libretto), quello che viene fuori non è poi peggio di quanto si potesse avere con giochi analoghi per genere e per data di lancio. I combattimenti sono il solito affare a turni e statistiche: lo scontro entra in pausa e voi decidete se attaccare, scappare, ricorrere al pronto soccorso o alla magia. Poi tocca al nemico. Solo che qui il tutto sembra ancor più del solito affidato al caso, alla faccia di un menu semplice da utilizzare e stranamente simile a quello, esemplare, dello Shining Force di Sega.

Quello che però deprime è la trama. Non c'è bisogno di meraviglie tecniche o grafiche (che peraltro Lufia, con le sue librerie grafiche e sonore da prima generazione del Super Nintendo, proprio non ha) per mettere in piedi una storia coinvolgente, ma qui i tipi di Taito non hanno nemmeno provato a inserire un colpo di scena o un-momento-uno di suspense. Non diversa da tutte le altre a base fantasy (tanto tempo fa quattro spiriti malvagi chiamati Sinistral sono stati sconfitti da quattro eroi. Adesso pare che i Sinistral stiano tornando e bisogna assemblare una nuova troupe di quattro giovini impreparati per ri-salvare il mondo), la sceneggiatura pare evitare accuratamente ogni rischio di nuove idee. Di conseguenza: si parla agli abitanti del villaggio, si visitano negozi e armerie, si attacca la più vicina cava/torre/tempio per ottenere la preziosa pietra/chiave/gioiello che poi consentirà di affrontare la fase successiva. And stop. Schema senza pietà, da ripetere fino a fine cartuccia. Tonnellate di dialoghi vengono scambiate con i passanti, ma raramente si ha la sensazione di tirarci fuori qualcosa. Con missioni tutte simili e personaggi secondari altrettanto banali, la vera difficoltà del gioco parrebbe così consistere nel ricordarsi quello che succede lungo il cammino che porta alla battaglia finale (con l'unica eccezione degli shopping dell'inarrestabile ragazzina che dà il nome al gioco). Ma, come dicevamo e come bisogna tenere bene a mente per semplice obiettività, nulla di tanto grave da non poterlo spartire con i tre quarti dei giochi di ruolo a 16 bit. Solo che, a distanza di tanto tempo, non si può non riconoscere che i vecchi giochi di ruolo hanno spesso tradito la promessa di partenza, e cioè proprio quella di far vivere al giocatore una vera avventura. E se una volta si riusciva a mandare giù il boccone, oggi, ogni volta che ci si imbatte in uno di questi reperti paleoindustriali, è molto più difficile non farsi prendere dallo shock anafilattico da sconforto.

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