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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sony PlayStation
Crash Bandicoot: Warped
Sony | Naughty Dog
26 12 2024

Che un peramele potesse diventare l'icona di un prodotto importante come la PlayStation non me l'aspettavo proprio. Primo perché non sapevo nemmeno cosa cavolo fosse un peramele e secondo perché l'animale in sé, da cui il nostro Crash Bandicoot ha preso ispirazione, risultava sinceramente poco attraente (un semi-topo bruttino, niente a che vedere coi simpatici ricci che avevano ispirato Yuji Naka ai tempi di Sonic). Ma per una serie di circostanze era proprio questo quello che era accaduto. Il primo Crash Bandicoot aveva infatti avuto il merito di mettere in luce le potenzialità della console Sony, si lasciava giocare da tutti senza tante storie e soprattutto era riuscito a vendere un numero sfacciato di copie, rinsaldando la reputazione di una macchina che in fondo era da poco sul mercato. Per un po' di tempo, quindi, Crash Bandicoot e PlayStation finirono quasi per identificarsi, anche come concetto di intrattenimento. Ma il folle peramele, piano piano, stava perdendo smalto. Il 3D stava evolvendo verso direzioni più realistiche, con giochi che diventavano più profondi come sostanza e più liberi come movimenti (Tomb Raider non era passato invano).

Arrivati al terzo capitolo diventava quindi evidente che il motto "evolversi o perire" doveva applicarsi anche al nostro Crash. Ma per ragioni tecniche (le rivoluzioni non avvengono tutti i giorni) e per questioni di identità (il pubblico era abituato a un certo tipo di gioco e tradirlo poteva essere fatale) si era rimasti fermi sulle vecchie posizioni. E se alla fine il successo commerciale era andato avanti (a torto o a ragione: in questo campo la logica funziona poco) quello che sorprendeva era il consenso della stampa. Testate autorevoli tessevano inattese lodi di questo terzo capitolo (gameplay finalmente vario e intrigante, uno dei migliori platform di fine millennio: questo era il leit-motiv). Ma la realtà era diversa, almeno secondo il nostro modestissimo parere: Warped era un prodotto solido, non faticava a guadagnarsi una comoda sufficienza, offriva un onesto divertimento, ma faceva tutto questo senza alcuna impennata. Il livello tecnico rimaneva stupefacente, questo sì, i temuti livelli 'a binario fisso' tipici della serie risultavano meno claustrofobici e permettevano alla sguardo di spaziare verso sfondi accattivanti. Anche la caratterizzazione fumettosa dei personaggi, punto di forza della serie, rimaneva su livelli di eccellenza (le animazioni che accompagnano la dipartita del peramele strappano ancora un sorriso).

Per questo capitolo conclusivo Naughty Dog aveva poi cercato di apportare delle correzioni per arricchire il gameplay, minimale e ripetitivo, della trilogia. Ma sfortunatamente solo una parte di questi espedienti erano andati a segno e il risultato finale era quello di un Crash migliore dei precedenti ma tutt'altro che innovativo. Partiamo dagli interventi riusciti almeno in parte. Le abilità supplementari del quasi-topo non sono disponibili da subito: vanno conquistate sconfiggendo i boss e risultano indispensabili sia nei livelli successivi, sia per il completamento di quelli già superati. Come è difatti noto nei Crash Bandicoot (senza numero, tanto sono tutti uguali da questo punto di vista) superare i livelli è sempre stato facile: la vera difficoltà risiede nel completarli veramente, scoprendone tutti i segreti e distruggendo tutte le casse. Non commento la scelta, protetta dalla libertà di design, ma faccio solo notare che le ripercussioni sulla longevità sono comunque discutibili. Il secondo intervento parzialmente riuscito è quello volto a rendere meno piatta l'esperienza ludica: sono stati inseriti dei livelli a bordo di un jetski, di un biplano o di una Harley. Si tratta di un'autentica boccata di ossigeno, e se Crash Bandicoot: Warped non delude del tutto lo si deve quasi esclusivamente a queste felici intuizioni. Riprendendo (ma non sarebbe improprio dire rubando) una considerazione di Edge, la bontà di quei livelli evidenzia però la monotonia delle sezioni tradizionali e demolisce la tesi del 'miglior platform di fine millennio'. Tuttavia nel breve periodo il mix di meccaniche ludiche funziona egregiamente e questo forse spiega l'entusiasmo collettivo che ha accolto Crash Bandicoot: Warped. Alla lunga, però, i nodi vengono al pettine e nessuna variante mantiene il suo fascino oltre le prime ore di gioco. Questo potrebbe suggerire una meditazione sulla fretta con cui vengono formulati i giudizi sui prodotti della nostra amata industria, ma sarebbe fuori luogo soffermarcisi in questa sede.

Il terzo espediente riguarda ancora il fattore longevità. Sono certo che Naughty Dog fosse animata dalle migliori intenzioni, ma anche in questo caso si va nella direzione meno utile. I programmatori, oltre ad avere insistito sul volerci costringere a ripercorrere i livelli, hanno infatti inserito anche un Time Trial Mode: in pratica, riuscendo a rimanere sotto un certo limite di tempo, si ottiene una reliquia bonus. Il mio parere è che la assoluta godibilità del gioco sia condizione necessaria perché una formula del genere possa funzionare, e in Crash Bandicoot: Warped siamo lontani da questo stato delle cose. Quello che resta in mano, alla fine della fiera, è quindi un gioco costituito da una trentina di livelli, di qualità altalenante e decisamente banali da superare. Quando si passa al rigioco lo scarso appeal spazza via ogni voglia di ripartire: lo si fa per dovere, come ultimo omaggio agli euro immolati sull'altare del retrogaming.

In conclusione quello che è sempre mancato a Crash Bandicoot è un gameplay davvero valido e in grado di mantenere l'interesse nel tempo, e gli interventi in questo senso qui latitano o non funzionano. Si è privilegiata la chicca estetica o l'inserimento di elementi estranei al nucleo del gioco (ottimi i boss, divertenti i livelli cavalcati), ma la sensazione di incompletezza resta e le buone trovate mancano di quel collante che le può trasformare in un buon gioco. Il cortissimo respiro della produzione è sottolineato dalla costante riproposizione di dinamiche provenienti dai vecchi capitoli. La cavalcata sulla muraglia cinese, per esempio, è identica alla cavalcata polare del secondo Crash: dopo pochi secondi ci si trova a schivare ostacoli come se se ne fosse sempre conosciuta la posizione. Con queste premesse oltre la sufficienza non si va e, lasciatemelo aggiungere, i rimpianti per la conclusione della trilogia vera e propria (dopo, sulla prima PlayStation, uscirono solo varianti sul tema, come Crash Bash) sono pochini: se non ne potevano più in Naughty Dog, figuratevi cosa ne pensiamo noi oggi...

[NO1]


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