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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sony PlayStation
Fighting Force
Eidos | Core | Mark Avory | David Long | Neil Topham
29 05 2024

Alla fine degli anni novanta, dopo tante vittorie messe in cascina dalla PlayStation e con una base di utenti non immaginabile tre anni prima, scegliere una strategia produttiva più articolata era diventato un lusso che Sony si doveva concedere. Per cercare di conquistare nuovi settori di pubblico era necessario muoversi su più fronti. La casa madre non poteva smettere di rispettare le aspettative commerciali, promuovendo una quota lorda di titoli massiccia (non tutti eccezionali ovviamente), ma doveva anche provare a occupare le nicchie di mercato trascurate e magari aumentare la gamma dei titoli di richiamo. L'intenzione di prendere i tre suddetti piccioni con una fava (guadagnandoci ancora qualcosina, se si mette in conto l'emarginazione di Sega da un progetto che in origine era suo) spinse Sony a commissionare a Core Design questo Fighting Force, tanto importante nelle intenzioni commerciali da essere considerato come uno dei titoli chiave per la campagna natalizia 1999 contro il Nintendo 64.

In effetti fin dalle anteprime Fighting Force era stato considerato un prodotto di grosso richiamo. Destino pericolosamente ambizioso per un gioco che in fondo non era che la riesumazione di un genere già allora disperso nelle nebbie del medioevo videoludico (il "gioco de botte" a scorrimento) e in quanto tale nato con l'handicap della mancanza di originalità. A dire la verità ai tempi d'oro io non avevo mai scucito una classica liretta per nessuno di questi giochi, fatta eccezione per i tre Streets of Rage di Sega (Bare Knuckle in Giappone). Ma mi era bastato un miracolo come quello di Streets of Rage 2 per affezionarmi a un genere bollato come primitivo, magari sperando in un suo rinnovamento. Sega, in uno degli ultimi momenti di lucidità, aveva già accennato le linee della possibile evoluzione con il brillante ancorché fulmineo (come durata) Die Hard Arcade. L'attenzione dei nostalgici si era però subito dopo concentrata su questo Fighting Force, che prometteva sfracelli dal punto di vista grafico ed evidenti connessioni con i Bare Knuckle del Mega Drive.

Dopo la canonica lunga attesa si era arrivati alla prova dei fatti e grazie al cielo la prima impressione era stata favorevole, un misto di soddisfazione per un impatto visivo di grande effetto e di piacevole nostalgia provocata dai richiami a Streets of Rage. Ancora di più faceva presa la peraltro ovvia possibilità di agire in spazi tridimensionali, sufficientemente di largo respiro ma a compartimenti stagni (non si può liberamente passare da un ambiente a un altro, ma questo era nella natura di questi giochi). Come era inevitabile la conseguenza diretta era rappresentata dallo stravolgimento dell'aspetto strategico dei combattimenti, rispetto ai classici Sega, anche se le collisioni potevano presentare qualche problema in più. L'interazione con gli elementi della scenografia si rivela comunque più sfiziosa del solito, date le molte varianti, e ha un fondamento logico basato sulla presenza di bonus e oggettistica varia collocata un po' dappertutto. Purtroppo la quantità degli oggetti in questione diminuisce progressivamente con l'avanzare dei livelli e in alcuni casi l'utilizzo delle suppellettili più pesanti risulta inutile, se non d'impaccio. In realtà la relativa lentezza di alcune delle animazioni può risultare fastidiosa nel corso dei combattimenti più serrati e questo potrebbe fare infuriare i puristi. Bisognerebbe aggiungere, a essere pignoli, anche qualche incertezza nelle risposte ai comandi (in particolare quando si passa da una sequenza di colpi a un'altra).

I personaggi principali sono quattro, con le relative differenziazioni basate su potenza, resistenza e rapidità, ma con scarsa caratterizzazione se ci si riferisce ai non abbondantissimi attacchi speciali. Esiste anche un certo numero di mosse alternative da scoprire, ma siamo comunque su quote inferiori alle controparti a 16 bit (strano). Discutere se un gioco a 32 bit potesse avere o no la stessa varietà di colpi di uno analogo di cinque anni prima è già di per sé un po' sconcertante e dà l'idea di una discreta piattezza, probabilmente evitabile con una programmazione più attenta. Alla fine della fiera il colpo nettamente più efficace risulta la semplice entrata in scivolata, data la puntualità con cui va a segno, soprattutto nei livelli iniziali. Solo più avanti, quando gli oppositori appaiono meno fermi sulle gambe manifestando un leggero miglioramento dell'intelligenza artificiale, reiterare spesso lo stesso colpo può non essere più così utile. Data la quota di energia richiesta dalle mosse speciali, soprattutto in caso di attacco in massa, la tentazione di ricorrere spesso ai soliti colpi risulta comunque forte e porta a una eccessiva semplificazione del gameplay. La realizzazione grafica dei protagonisti è invece una delle cose meglio riuscite grazie all'impiego di un elevato numero di poligoni e alle animazioni fluide e fantasiose (basta vedere quella relativa al sorseggiamento della Coca-Cola). Nelle varie ambientazioni si possono notare molti riferimenti ai classici Sega (imboscate nei parchi, ponti transennati, moto che tagliano la strada), ma al di là della nostalgia non si può non rilevare una leggera mancanza di vivacità, anche cromatica, presente in alcuni passaggi e tutto sommato una penuria di intensità e di ispirazione, indispensabili invece in giochi di questo tipo.

La carenza di atmosfera non è compensata dalla colonna sonora, priva di pecche ma anche di momenti memorabili (la brillantezza delle musiche di Yuzo Koshiro è lontana). Sono invece solo parzialmente d'accordo con chi ha parlato di scarsa varietà dei nemici. Prima di tutto perché i loro comportamenti tattici non sono poi così uniformi e poi perché una pugilistica troppo articolata avrebbe potuto spezzare la scorrevolezza del gameplay (tutti i picchiaduro di questo tipo, anche i più famosi, basano la loro giocabilità più sulla quantità che sulla qualità degli scontri, affidando le variabili alle sole fasi finali dei vari livelli). Tra l'altro i bivi e i trivi qui presenti comportano anche tipi diversi di scagnozzi da eliminare (anche in questo caso non è difficile ritrovare tratti in comune con le vecchie produzioni). Ora: questa lista di leggerezze evitabili, e quindi tanto più irritanti, è quanto dovevo alla mia parte maniacal-depressiva. Ma al di là di questi difetti sarebbe ingiusto non notare come il gioco risulti lo stesso divertente (soprattutto in due), impegnativo più di quanto si possa pensare dopo la passeggiata del modo Easy e oggettivamente longevo (la sua taglia dovrebbe essere, tanto per esempio, cinque o sei volte maggiore di quella del citato Die Hard Arcade).

Probabilmente l'atteggiamento giusto dovrebbe consistere nel non prenderlo troppo sul serio ma piuttosto, se mi è concesso un paragone, alla stregua di un buon album di musica pop, orecchiabile, ben prodotto, pieno di effetti alla moda, piacevole al primo impatto ma inevitabilmente poco profondo e destinato a lasciare tracce poco durevoli. La prima impressione coglie quindi in gran parte la vera essenza di Fighting Force: un gioco scintillante, confezionato appositamente per occupare una specifica nicchia di mercato, con tutte le carte in regola per un buon successo commerciale e che, pur non essendo un campione di originalità, riusciva a spezzare una certa uniformità delle uscite per PlayStation. Niente di meno di questo, ma anche niente di più, perché Fighting Force non aveva la stoffa per essere protagonista di una svolta qualsiasi, nella pur effimera storia delle console. Un classico mancato, quindi, ma niente drammi: sotto sotto nessuno pretendeva che lo potesse diventare.

[NO1]


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