A.Rea. 21 : retrogaming e videogiochi dal 1996!
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Dan Hero Alle soglie degli 'anta, Dan Hero resta un giovane vecchio con lo sguardo e il cuore immutabilmente fissi al passato. Da una decade circa ospite non gradito sulle pagine di TGM, snocciola mensilmente sermoni irremediabilmente noiosi riguardo quanto meravigliosi fossero i videogiochi dei bei tempi andati, coltivando nel contempo il sogno di fondare una software house nichilista e creare titoli nati vecchi che nessuno giocherà.

Arcade 16 bit
The Ninjawarriors
Taito
03 11 2022

È il 1987 e per sfondare nell'era d'oro delle macchine a gettone non basta tirar fuori titoli notevoli. Quando Capcom azzanna con Bionic Commando, Tiger Road e gli altri titoli basati sul 68000 e Sega ribatte con Shinobi e Alien Syndrome dall'alto della gloriosa System 16, Taito non si sente più tanto sicura dello strapotere ottenuto l'anno prima con Bubble Bobble. Il contrattacco nasce inizialmente con una scheda basata sul sempreverde 68000, fertile piattaforma che dà i natali all'immenso Rainbow Islands. Non di soli 'cute game' vive l'uomo però, men che meno il videogiocatore anni 80 che ti entra in sala giochi dopo la visione di un Predator e un Rambo a caso. Quindi allo stesso hardware che intonava Over the Rainbow grazie allo storico Yamaha YM2151 viene pompata lievemente la frequenza della CPU e installata la replica di un mitragliatore UZI 9mm dando vita a Operation Wolf. Il successo non tarda ad arrivare ed è chiaro che al pubblico piacciono i fenomeni da baraccone, oltre ai giochi belli.

In un momento di megalomania quindi gli ingegneri di Taito la sparano grossa: un gargantuesco coin-op a tre schermi affiancati, coordinati da una coppia di processori 68000 comunicanti con 64 kilobyte di RAM condivisa e riflessi sotto gli occhi del giocatore tramite uno specchio per restituire una convincente sensazione di continuità dell'area di gioco. All'audio è destinato uno Z80 che ha il compito di far suonare un chip Yamaha YM2610. L'hardware è quindi un mastodontico passo in avanti rispetto a tutto quello che la softco ha tirato fuori fino a quel momento, il software che ci gira sopra un po' meno: The Ninjawarriors replica infatti lo schema di gioco proprio di Kung Fu Master, Vigilante e Dragon Ninja, ossia quello dei picchiaduro a scorrimento orizzontale privi del movimento in profondità del campione di incassi Double Dragon. Prima ancora di inserire le monete, quindi, gli androidi assassini di Taito puzzavano di muffa con o senza schermi multipli.

Androidi dagli originalissimi nomi in codice 'Ninja' e 'Kunoichi', un po' come se Konami chiamasse Bill Rizer e Simon Belmondo rispettivamente 'Soldier' e 'Vampire Killer'. Ma diavolo se erano belli, specie Kunoichi con quella coda di cavallo bionda animata da paura. Perché ludicamente The Ninjawarriors non vinceva nessun premio, ma nei suoi sei livelli accadeva di tutto: inviati in quella che sembra una versione futuristica (futuristica per il 1987, dato che il gioco è ambientato nel 1993) degli Stati Uniti col fine di assassinare il corrotto presidente Banglar, i due assassini robotici se la vedono con un esercito decisamente variopinto che butta nell'arena a fianco alle normali truppe tutta una serie di improponibili cliché orientali come i guerrieri 'kabuki' sputafuoco. Gli eroi dispongono di un attacco corpo a corpo e di una riserva limitata di shuriken, ma (sebbene buona parte della carne da cannone vada giù con un colpo di kunai ben piazzato) i nemici più tosti richiedono parecchi colpi durante il loro inarrestabile attacco. Questo porta alla luce un altro difetto: The Ninjawarriors macina crediti come se non ci fosse un domani. I nemici attaccano da ogni parte in massa, non ci sono ricariche energetiche se non tra un livello e l'altro e gli avversari più grossi ignorano il concetto di 'stagger', incassando danni come niente fosse mentre i loro colpi vanno a segno.

A tenere a galla la longevità, almeno per un primo giro tanto per togliersi la soddisfazione di portare a termine la missione e assistere alla sequenza finale che narra i retroscena della vicenda dopo l'assassinio di Banglar, ci pensa l'ottima caratterizzazione grafica dei personaggi a partire dagli stessi Ninjawarriors che perdono pezzi durante il combattimento rivelando progressivamente un endoscheletro in stile Terminator. L'audio, infine, si attesta su livelli piuttosto alti: Daddy Mulk rimane una delle colonne sonore più potenti della scena arcade anni 80 a opera di Zuntata, ovvero il gruppo musicale di Taito che contribuì al sonoro di classici come Bubble Bobble, Darius e Raystorm.

[Dan Hero]


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