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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sega Saturn
Soviet Strike
Electronic Arts | Granite Bay | John Manley | Michael Becker | Mike Posehn | Flint Dille | Tiburon | Marco Busse
16 04 2022

Probabilmente molti di voi conosceranno la teoria dei corsi e ricorsi storici ed è altrettanto probabile che la maggior parte di chi ci legge conosca Shadow of the Beast, storico gioco per Amiga targato Psygnosis. Cito questi due argomenti, apparentemente del tutto slegati, per introdurre Soviet Strike, quarto capitolo della serie Strike (e primo ad approdare sui 32 bit tra il 1996 e il 1997), per il quale Electronic Arts decise di fare propria la filosofia che aveva generato Shadow of the Beast, riassumibile nel motto "Una gioia per gli occhi, una tortura per il sistema nervoso". Ecco quindi il ricorso di cui sopra, ricorso di cui avrei fatto volentieri a meno.

Ma, involontariamente, Soviet Strike potrebbe evocare ben altri ricorsi storici, quelli cioè delle crisi ricorrenti dei territori dell'ex-Unione Sovietica. Non fosse che, per fortuna (citare ora un videogioco basato su una realtà cruda come quella di una guerra in atto sarebbe di pessimo gusto), la trama di Soviet Strike ricorda più un film di serie B degli anni novanta che lo stato odierno dei fatti. Tanto per dirne una, qui si parla di un tentativo di colpo di stato a carico del vecchio presidente russo Boris Yeltsin (bei tempi) organizzato da un misterioso ex-direttore del KGB (ahia) con la collaborazione della dittatrice del piccolo stato ex-sovietico di Ireki (boh?). E poi: va bene che si tratta di operazioni belliche mirate, eseguite e organizzate da un team di prim'ordine, ma che si riesca con l'intervento di un elicottero a mettere in crisi uno dei più attrezzati eserciti al mondo mi pare un filino illusorio.

Per chi non conoscesse la serie Strike diremo che si tratta, appunto, di andarsene in giro con un elicottero Apache, portando a termine numerose missioni di guerra e cercando di farsi bastare le scorte di munizioni e di carburante messe a disposizione lungo lo scenario. Detto così sembra un concetto troppo lineare (venticinque anni fa non lo era), ma quello che ha sempre salvato questa serie è stata l'originalità delle ambientazioni e quella delle soluzioni proposte. E anche stavolta, in questo senso, direi che non ci sono delusioni. Un aspetto in cui invece Soviet Strike si distacca in modo netto dai suoi predecessori a 16 bit è quello dell'impianto grafico quasi fotorealistico (anche su Saturn!) con strade, convogli e strutture militari, fiumi, porti, ponti, paesini di montagna e campi per prigionieri che sembrano uscire fuori dallo schermo. Se non c'è ovviamente paragone con le versioni a 16 bit stupisce invece il fatto che questa versione per la console Sega sia all'altezza (tranne che in qualche particolare secondario) di quella per PlayStation, stupore che non fa che aumentare man mano che si avanza lungo le cinque campagne di guerra.

Il problema è che per ammirare tutto questo ben di Dio bisogna appunto giocare, ed è qui che vengono fuori le note dolenti. Tanto per cominciare, mentre Jungle e Urban Strike tentavano di differenziarsi almeno un po' dal primo capitolo della serie, Soviet Strike sembra proprio Desert Strike con una nuova veste grafica. Fin dalla prima missione, penosamente simile alla prima sortita di Desert Strike, vi renderete conto di quanta poca creatività Electronic Arts abbia immesso in questo titolo. E se molti, oggi, potranno obiettare di non aver nemmeno mai visto l'antico ed eccellente Desert Strike (per me tra le cose migliori prodotte per Mega Drive), porterò come accusa un argomento ancora più grave: Soviet Strike è tutt'altro che divertente.

A tutti noi sono capitati giochi intriganti, difficilissimi ma in grado di divertire: Soviet Strike invece, nonostante le tante opzioni concesse, passa il segno e non rientra comunque in questa categoria. Il pezzo forte del gioco, ovvero la strategia da utilizzare nello sfruttamento di armi e carburante limitati, finisce infatti per diventare un limite piuttosto che un punto di forza del gameplay, in quanto obbliga spesso ad abbandonare una missione per andare a rifornirsi a casa del diavolo. Nel frattempo, molto probabilmente, riceverete una comunicazione urgente (corredata dal solito 'full motion video') che vi ordinerà di portare a termine un ulteriore obiettivo, costringendovi così a scegliere tra una condotta di gioco logica e una piena di missioni lasciate a metà e riprese solo in un secondo momento, dopo aver consumato altre munizioni e altri galloni di propellente.

Inoltre, nel disgraziato caso in cui dobbiate recuperare prigionieri, militari nemici o rifornimenti nel mezzo della battaglia, preparatevi a bestemmiare come turchi all'indirizzo del maledetto argano presente sull'Apache, che (anche nella sua versione potenziata) funziona come una carrucola del 1200 e ne mantiene inalterate lentezza e imprecisione. Aggiungiamo al tutto la difficoltà media dei combattimenti, spesso davvero eccessiva, e avremo così il quadro di un gioco bello da vedere, ma quasi impossibile da giocare. Un vero peccato, tanto più grave perché facilmente emendabile e non corretto. La tendenza a rendere sempre più difficili i remake dei suoi titoli più famosi, invece di ampliarli e renderli più interessanti, diventò proprio in quella fase un marchio di fabbrica per Electronic Arts. Soviet Strike, oltre ad aver rappresentato una delusione per i tanti fan di Desert Strike (a eccezione di quelli dotati di pazienza biblica), viene ricordato anche per questo come un momento particolarmente negativo per la storica casa di Redwood City.

[NO1]


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