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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sega Saturn
Albert Odyssey: Legend of Eldean
Working Designs | Sunsoft
15 04 2021

Prima edizione in Giappone nel 96, rieditato negli Stati Uniti alla fine del 97, importato in Italia in quote omeopatiche e distribuito con una certa pigrizia, Albert Odyssey è stato un classico caso di 'meglio tardi che mai'. Ancora di più se si considera che l'avvio del progetto risaliva addirittura ai tempi del Super Famicom: questo titolo era infatti destinato a completare la serie omonima prodotta da Sunsoft per il 16 bit di casa Nintendo. A distanza di anni, dopo un successo buono ma non esaltante in patria, questo role playing game quasi sopravvissuto a un viaggio nel tempo venne ripescato in USA da Working Designs, reduce dall'ottima accoglienza ricevuta da Dragon Force. Probabilmente la sua struttura tradizionale venne preferita a quella di altri titoli per evidenziare un ritorno alle origini e per non rischiare dal punto di vista commerciale. Le questioni adesso sono: era valsa la pena, allora, attendere così tanto tempo per rieditarlo e, ora, ha senso ripescarlo nel mucchio a venti anni e passa di distanza?

Probabilmente sì, se consideriamo lo stato clinico del Saturn nel 97, il destino subito da altri titoli targati Working Designs (qualcuno ha avuto notizie di Magic Knight Rayearth?), la tragica decisione di non convertire più giochi per il 32 bit Sega in USA (addio a produzioni anche più importanti come Lunar o Grandia) e, di conseguenza, il rilievo storico che ha assunto nel tempo un titolo magari secondario come questo. L'aspetto generale di Albert Odyssey, anche se pericolosamente in linea con i vecchi giochi di ruolo per Super Nintendo, si dimostra in effetti su livelli grafici più che accettabili e più evoluti rispetto a quei lontani standard, col vantaggio di offrire una rassicurante familiarità. I personaggi risultano in realtà leggermente leziosi (con sprite dettagliati bene e animati meglio, però) e realizzati solo su base bidimensionale, proprio come i paesaggi, fatto che rientra comunque nella ortodossia dei classici del genere e che riesce pure a provocare qualche brivido di nostalgia. Anche la longevità, ottimisticamente prevista dalle press release tra le quaranta e le cinquanta ore effettive, alla fine si inserisce nella media. La stessa sceneggiatura, di sicuro non rivoluzionaria, si rivela coinvolgente, con incontri fatali, enigmi, due capitoli distinti e viaggi in quantità accettabile (ma la mappa del mondo da esplorare illude un po' troppo, in questo senso).

I dialoghi, brillanti e in alcuni casi quasi comici, potrebbero mettere a dura prova la vostra pazienza a causa dei continui ricorsi allo slang americano e della loro ridondanza, spesso evitabile. Stranamente inesistenti gli intermezzi in stile cinematografico; molto buone invece le musiche, con temi quasi sinfonici ben ideati e realizzati. Abbastanza mediocre la presentazione, con un filmato di introduzione insignificante; ottimo invece il libretto, esemplare come impaginazione e note. Note che, però, promettendo l'impossibile mentono spudoratamente. In realtà quello che non avrete da Albert Odyssey è proprio l'impossibile: la natura classica delle linee di gioco permette infatti poche divagazioni dalla tradizione dei role playing game giapponesi. Quello che invece vi dovrete attendere è una frequenza dei combattimenti (basati su turni e statistiche) più elevata della norma e quindi micidiale. Soprattutto nei dungeon, nelle miniere o in qualsiasi luogo simile non si riesce a muovere due passi senza incappare in qualche fastidiosa ed eventualmente prolungata fase bellica.

Vero è che la fuga viene consentita con generosità, ma è evidente che l'abbondanza degli scontri random rende comunque ingombrante questa componente di gioco, anche perché il denaro richiesto per le spese e l'esperienza da acquisire spingono verso la reiterazione, anche volontaria, delle battaglie. Nonostante la semplicità funzionale dei menu, costruiti su un sistema di icone a croce analogo a quello di Lufia o Wild Arms, e la varietà di nemici, armi, magie, fondali e personaggi, non si scappa quindi da una certa monotonia.

Working Designs dichiarava di avere diminuito nella conversione la frequenza dei combattimenti del 30% e i tempi di caricamento corrispondenti della metà: non ho difficoltà a crederci, ma questo più che consolarmi (solo in parte, soprattutto i caricamenti restano poco sopportabili) mi fa riflettere amaramente su quali fossero i modelli di divertimento preferiti dai giapponesi. Tenendo conto anche dei prezzi elevati del mercato import di allora (e di quelli conseguenti del mercato vintage di oggi) penso che Albert Odyssey possa essere quindi considerato come un buon titolo di nicchia, interessante soprattutto per la sua rarità ma anche gradevole e in possesso di una struttura semplice e solida. La notevole ripetitività, però, non potrà non infastidire i giocatori di oggi e farne abbassare la considerazione, con buona pace della critica americana che lo aveva accolto ai tempi con grande entusiasmo. Nota a margine: un paio di mesi dopo sarebbe uscito Final Fantasy VII su PlayStation. I giochi come Albert Odyssey si trasformarono, immediatamente, in fossili appartenenti ad altra era geologica.

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