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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sega Mega Drive
Streets of Rage II
Sega | Ancient
29 08 2005

Il 1992 era stato un anno magico per Megadrive e Super Nintendo, ma il bello doveva ancora venire e, come al solito, arrivò con le vacanze di fine anno. Conservo ancora, pensa un po', il numero di dicembre 92 di Mean Machines Sega, con dentro, tra l'altro, le recensioni di Ecco the Dolphin, Madden 93, PGA Tour Golf II, Mega-Lo-Mania, World of Illusion e soprattutto Streets of Rage II: ogni tanto lo risfoglio, per pura nostalgia, e rimango stupito dall'effetto che le sole foto riescono ancora a provocare.

Perché Streets of Rage II è un reperto del passato, un qualcosa che è morto lì, ai tempi dei 16 bit e che, a parte il prevedibile sequel di un paio di anni più tardi, non ha più beneficiato di alcun recupero, né a 32 né a qualsiasi altro numero di bit successivo. Insomma, il beat'em up a scorrimento è morto, anche lui, proprio allora (dopo essere nato in ere geologiche lontanissime) e quasi nessuno ha cercato di riesumarlo. Ed è morto per ragioni apparentemente ineluttabili. Troppa monotonia in caso di riprese del gioco, troppo poche le varianti del gameplay, troppo uniformi le reazioni degli avversari incontrati: questi erano i reati generalmente attribuiti a un genere che aveva fatto ben poco per evolvere. Ma questo non era il caso di Streets of Rage II, che chiudeva, senza saperlo, un'intera epoca e lo faceva, anzi, col massimo risultato ottenibile ai tempi: proprio per questo, ma anche perché non c'è nessuna speranza di un ulteriore remake, le foto di Mean Machines continuano a farmi uno strano effetto.

Fatto sta che allora, dicembre 92, Streets of Rage non poteva che essere descritto come un classico immediato e per molti versi la cosa migliore presente su Megadrive. Il ricorso a una cartuccia da 16 megabit (la prima in assoluto utilizzata da Sega) aveva permesso dei miglioramenti clamorosi, da salto generazionale, rispetto al già apprezzato e vendutissimo prequel, con quattro protagonisti di dimensioni decisamente accresciute (fino ad allora sprite di quella portata non si erano mai visti sul Megadrive), maggiore velocità, completa assenza di rallentamenti, scenografie molto colorate e dettagliate (tenendo conto degli standard del tempo l'effetto era impressionante), una quota di animazioni principali e di contorno nettamente aumentata (Sega parlava di 20 diversi movimenti per personaggio), possibilità di combattimenti uno contro uno in stile Street Fighter e otto livelli di portata non indifferente. Il tutto si andava ad aggiungere al tradizionale corredo della serie, in cui i soliti controlli perfetti, la modalità multiplayer per due giocatori in collaborazione e l'abituale esercito di cattivoni da pestare portavano, già per proprio conto, a una giocabilità che molti continuano a rimpiangere. Le musiche di Yuzo Koshiro, anche queste rimpiante da molti, facevano ampiamente il resto. Le limitazioni del formato cartuccia non potevano consentire, invece, rivoluzioni all'interno di un gameplay comunque rigido: Streets of Rage II non concedeva, quindi, alcuna variazione di percorso (le prime, molto limitate, compariranno nel sequel) o, per esempio, uno straccio di storyline. Ma questa è una colpa molto relativa, da attribuire, invece, agli analoghi titoli successivi, quelli a 32 o più bit: è allora che, con alle spalle una tecnologia potenzialmente molto più evoluta, il genere ha inanellato una sequenza di risultati deludenti, che lo hanno portato poi a un rapido declino. Fatto sta che, come per le già citate musiche e la già citata giocabilità, molti continuano a rimpiangere Streets of Rage in toto. Nonostante questo e nonostante la spazzatura circolante sul mercato, Sega molto difficilmente ci farà, però, la grazia di un suo remake (sembra impossibile, ma è così).

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