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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sega Mega Drive
Dr. Robotnik's Mean Bean Machine
Sega | Compile | Tetsuo Shinyu | Takayuki Yanagihori | Masanobu Tsukamoto | Manabu Ishihara | Tsukasa Aoki
02 12 2019

Come tutti sanno il marketing Sega ha a lungo brillato per autolesionismo, contribuendo a portare la casa madre sull'orlo del fallimento. Ma non è stato sempre così. Ai tempi dell'ascesa del Mega Drive la sezione commerciale Sega era ancora capace di trovate brillanti. Sfruttare le proprie icone era una cosa naturale, in un mondo di console ancora indirizzate a teen-ager e pre-teen, ma Sega, come questo Dr. Robotnik's Mean Bean Machine (1993) dimostra, non si limitava a creare sequel su sequel per le sue superstar iconiche (Sonic), ma puntava anche alla realizzazione di spin-off e di prodotti di vario genere su tutti i media del tempo. Nello specifico il Dr. Robotnik (scienziato fissato con l'avvento dei robot e nemico di Sonic in tutte le sue avventure) era passato da uno status di comprimario a quello di stella, grazie alla parallela produzione di fumetti e di cartoon televisivi in cui aveva assunto un ruolo di importanza crescente, e come tale si meritava un proprio videogioco. Solo che, cinicamente, Sega pensò bene di non perdere tempo a creare qualcosa di nuovo: era più facile riprendere un gioco già esistente ma poco conosciuto e appiccicargli il nome e il faccione dello scienziato pazzo, senza starci a pensare troppo.

Così si decise di importare finalmente in USA ed Europa quello che era allora uno dei migliori puzzle game prodotti in Giappone (il semisconosciuto Puyo Puyo), acquistandone i diritti, cambiandogli nome e (solo un po', con riferimenti ovvi al mondo e ai personaggi di Sonic) la grafica per indirizzare il tutto al grande pubblico, col chiaro intento di battere cassa finché il ferro era caldo. Tra parentesi i primi a lamentarsi di tanto cinismo commerciale furono, ovviamente, i fan Nintendo, salvo ritrovarsi un paio di anni dopo con un Kirby Avalanche che riproponeva la stessa cosa, con un Puyo Puyo stavolta sponsorizzato da Kirby e destinato al Super Nintendo. Ma torniamo al Dottor Robotnik e alla sua macchina infernale. Il meccanismo di base è quello di tutti i cloni di Tetris, nel bene e nel male: frammenti colorati (in questo caso piccole gelatine, o meglio i 'bean' del titolo) scendono dall'alto all'interno di un contenitore rettangolare andandosi ad impilare fino a riempirlo con conseguente game over. Sta al giocatore regolarne la caduta, indirizzandoli in modo che quattro o più blob dello stesso colore e adiacenti (ma non in diagonale) si fondano tra loro e scompaiano, facendo così precipitare la pila crescente e svuotando il contenitore.

Meccanismo semplicissimo ma infernale, come Tetris aveva insegnato, con in più il vantaggio della presenza di un altro pozzo, controllato dal computer o da una seconda persona e in grado in qualche modo di interferire con le azioni del primo giocatore. Ogni volta che i 'bean' vengono eliminati, infatti, dei blob trasparenti ('garbage bean') compaiono nell'altro quadrante: questi frammenti non si accoppiano tra loro, servono a complicare le cose e scompaiono solo se adiacenti a gruppi colorati che vengono annullati. Chiaro che la realizzazione di una reazione a catena ('chain reaction'), in cui avviene il crollo di interi strati di gelatine, può mettere in difficoltà l'avversario mediante la comparsa di gruppi di 'garbage bean', il che richiede alternative strategiche da considerare in tempi molto stretti. Cosa che avviene regolarmente ai livelli più avanzati del gioco: la modalità principale (Scenario Mode, con tanto di password di salvataggio) è organizzata in tredici incontri e il ritmo alla fine può rivelarsi davvero terribile, soprattutto se si sceglie un grado elevato di difficoltà (quattro quelli presenti). Come al solito la cosa migliore di Dr. Robotnik's Mean Bean Machine è la modalità per 2 giocatori, ma la grafica simpatica, la presentazione eccellente, il sonoro ottimo e i comandi ineccepibili garantiscono comunque tutto il divertimento che un giocatore solitario può richiedere a titoli semplici (ma non esili) come questo. Proprio come succedeva con Puyo Puyo, ma con in più il contributo del 'family feeling' Sega/Sonic.

[NO1]


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