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Goliath Convinto sostenitore della pixel art e della massima semplicità nelle produzioni per le macchine attuali, Goliath non disdegna comunque i videogiochi propriamente moderni. Mastica un po' di tutto, dalle simulazioni sportive agli RPG, ma ha una predilezione mai sopita per l'azione dura e pura.

[nuRetro] Nintendo Switch
Sydney Hunter and the Curse of the Mayan
CollectorVision
22 09 2019

Disponibile anche su:
[ macOS | Windows ]

Tra un grande ciclo storico e il successivo, ripetutamente indicati dal calendario denominato Haab, ci sono cinque giorni di sfortuna nera e vulnerabilità per l'intero genere umano che i Maya chiamano apparentemente Wayeb. Ed è proprio di questi cinque giorni che la temuta divinità Kukulkan ha approfittato per scendere sulla Terra e rompere in sette pezzi il sopracitato calendario Haab (rubando anche quattro idoli, visto che aveva ormai preso l'abbrivio per le malefatte...), così da impedire la nuova ripartenza del ciclo fausto e scatenare le tenebre. Il celebre esploratore Sydney Hunter, però, è stato incaricato dalle tribù locali di esplorare la piramide all'interno della quale i frammenti del calendario sono stati nascosti e di rimettere insieme il magico datario, così da scongiurare l'avvento del male.

Il tutto, una volta mandato a schermo, prende prevedibilmente la forma di un ibrido tra un classicissimo gioco di piattaforme e un titolo esplorativo, com'è sempre stato per i vari episodi della serie dedicata a Sydney Hunter. E questo non è affatto un male, perché CollectorVision sembra aver ormai acquisito la piena padronanza della formula e ha confezionato anche in questo caso un prodotto davvero notevole. Sin dal primo istante, del resto, si capisce chiaramente che Sydney Hunter and the Curse of the Mayan è un gioco speciale: la grafica ispirata all'indimenticabile NES e l'eccellente colonna sonora si posizionano una spanna più su rispetto a quanto fatto dalla maggior parte dei nuovi titoli che si rifanno al passato, in speciali modo se si guarda al livello di dettaglio e alla dovizia di particolari che caratterizzano i fondali e i blocchi che compongono le schermate. Gli sprite, dal canto loro, sono volutamente semplici, ma non per questo banali: le animazioni funzionano a dovere e l'assortimento dei mostri che bisogna affrontare è più che degno di nota, così come lo sono le variazioni cromatiche che si incontrano procedendo nell'avventura.

È in termini di 'gameplay', comunque, che Sydney Hunter and the Curse of the Mayan offre il meglio di sé. Il sistema di controllo è estremamente reattivo e controllare il piccolo esploratore è un vero piacere, il che mitiga anche l'impatto del 'backtracking'. L'avventura è infatti basata sul reperimento di oggetti collezionabili che devono poi essere utilizzati per sbloccare l'accesso ai livelli avanzati e ciò implica la necessità di tornare più volte sui propri passi per rintracciare gli elementi nascosti in maniera più subdola dagli sviluppatori, che si sono davvero sbizzarriti in quanto a segreti. Ci sono pareti che possono essere demolite, stanze opzionali e chi più ne ha, più ne metta, a tutto vantaggio della longevità e dell'impagabile brivido della scoperta. Quando si percorre nuovamente uno scenario già completato per andare a caccia di artefatti, inoltre, è possibile sfruttare efficacemente i 'checkpoint' per uscire dal livello una volta incamerati gli oggetti mancanti, a ulteriore testimonianza dell'occhio di riguardo che CollectorVision ha avuto nei confronti della godibilità generale.

Le meccaniche di base, infine, sono deliziose. Si salta di piattaforma in piattaforma, si balza al di sopra di fiamme e dirupi, si abbattono i nemici con la frusta di Sydney, si raccolgono e si mettono all'opera le armi secondarie e gli oggetti speciali che si trovano all'interno dei templi, si ghigna a ogni comparsa degli spassosi dialoghi, si bevono le immancabili pozioni e si affrontano gli altrettanto immancabili boss di fine livello, realizzati con grande cura e minacciosi al punto giusto. Il gioco è difficile, ma non frustrante, e ciò completa egregiamente la sua lodevole operazione di richiamo ai gloriosi giorni del NES, ai cui capisaldi dell'esplorazione e delle piattaforme sarebbe stato davvero difficile rendere un omaggio più gradevole e appassionante.

[Goliath]


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