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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Nintendo Super NES
Prince of Persia 2: The Shadow & The Flame
Psygnosis | Brøderbund | Titus | Jordan Mechner | Frédéric Gérard
05 10 2014

Quando, nel 1989, Jordan Mechner realizzò Prince of Persia, allora destinato al solo Apple II e al solo mercato statunitense, tutti lo considerarono un flop. Le cose non cambiarono nemmeno quando il Prince fece la sua comparsa sui PC, con scarse vendite e poca stampa a favore. Diciotto mesi di duro lavoro, insomma, finiti nello scarico senza nessun riscontro. Poi, quando le versioni per home computer arrivarono sul mercato inglese ed europeo sotto etichetta Domark, successe qualcosa di imprevedibile. Improvvisamente le recensioni diventarono iperboliche, il passaparola serrato, le descrizioni altisonanti ("Migliore animazione di sempre!", "Miglior gioco dell'anno!", "È come un film!"). Era l'inizio di una leggenda: da allora in poi l'avventura da Mille e Una Notte del giovane arabo riuscì a sbarcare dappertutto, dal Game Boy al Macintosh ai portachiavi a LED, raggiungendo vendite record in tutto il mondo (USA inclusi, di rimbalzo).

Dopo un tale successo quello che tutti volevano era un sequel e ovviamente a volerlo di più era la casa editrice (Brøderbund). Tanto più che Mechner, nonostante l'insuccesso iniziale, aveva sempre ottimisticamente pensato a cosa inserire in un secondo episodio. E così nel 1993, dopo due anni di programmazione, con un grosso team alle spalle e a quattro anni di distanza dall'esordio, la seconda parte dell'esotica avventura compariva su tutti i computer del mondo. Cosa c'era di nuovo? In fondo poche cose: la struttura veniva riproposta pari pari, con esplorazione serrata, combattimenti sporadici e analoga richiesta di arrivare al lieto fine entro un tempo limite. Ma i quattro anni che erano passati avevano portato avanti la tecnologia: molte delle cose che non si potevano fare nel 1989 si potevano facilmente ottenere nel 93. Niente più labirinti claustrofobici e basta, tanto per cominciare: qui l'aspirante principe viaggia pure all'aria aperta, raggiungendo tetti, mercati e magari isole lontane, comunque anche loro con 'dungeon' annesso. Le piattaforme sono in fondo le stesse, le trappole cambiano poco, ma i combattimenti sono più numerosi e vari e ci si concede pure una buona dose di magia e di enigmi. La storia, come al solito incentrata su congiure di palazzo e sul flirt tra la figlia del sultano e il nostro eroe, viene poi aiutata da numerose sequenze narrative e da una grafica migliorata rispetto al passato, con più dettaglio e animazioni in 'rotoscoping' più fluide.

Il nuovo immancabile successo non venne però replicato, stavolta, sulle console. Il problema era il momento storico: preso in mezzo tra le nuove macchine a 32 bit, che di platform bidimensionali non ne volevano sapere, e quelle vecchie che a quel tempo non avevano né il tempo, né le potenzialità per affrontare progetti più complessi del solito, Prince of Persia 2 si trovò spiazzato. Le console portatili ignorarono del tutto la questione e la conversione per Mega Drive si perse lungo una lavorazione pluriennale, mentre il Super Nintendo ebbe in sorte una versione (addirittura a cavallo tra il 1995 e il 1996) tagliata, riveduta e corretta dai programmatori Titus. I quali, tra tentennamenti iniziali, la fretta richiesta da un mercato Super NES in chiusura e un budget ridotto causa stessa situazione, fecero quello che potevano fare. Che non era molto, stante anche la scarsa esperienza e la strana estrazione anglo-franco-nipponica del team.

Grafica e animazioni ricordano solo alla lontana quelle della versione PC (e anche quelle del primo Prince of Persia per Super Nintendo, se è per questo), con scarsa definizione e parecchie incertezze di movimento. Il che si riflette tragicamente sui controlli del protagonista: già afflitto per tradizione da scarsa reattività, qui il principe sembra colpito da qualche patologia motoria, con impuntamenti improvvisi e slanci non richiesti, regolarmente accusati sul limite di qualche precipizio, tra l'altro. L'effetto finale è quasi comico, col nostro eroe che passa più tempo a buttarsi dentro baratri inutilmente sovradimensionati che a cercare la via d'uscita dai tredici livelli concessi dalla cartuccia. Fatte le dovute proporzioni, i combattimenti funzionano meglio, anche se il loro esito sembra spesso affidato più al caso o alla velocità che alla capacità schermistica. La stessa colonna sonora, leggendaria nel prequel, sembra poco ispirata e sotto tono rispetto agli standard audio di altri titoli per Super NES. In gran parte sparite anche le belle sequenze di intermezzo, qui limitate all'essenziale o poco più. E alla fine il bilancio non può essere positivo. Certo: la voglia dei fan più accaniti può bastare per andare avanti, come la pletora di sequel insipidi per le successive console sta a testimoniare, ma qui le dosi di adattabilità e pazienza richieste sono davvero massicce. D'altro canto la scarsa convinzione della casa madre, anche nella distribuzione, era evidente: la storia del Prince of Persia 2 per console è così piena di esitazioni e ripensamenti da riuscire a trasformare un'eventuale copia residua in un reperto prezioso. Il che conferisce a questa conversione l'unico elemento di fascino ancora in suo possesso.

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