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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Nintendo Super NES
Terranigma
Enix | Quintet
02 11 2009

Ark aveva molte cose da odiare. Prima di tutto, odiava il duca, che lo disprezzava. Poi i suoi amici, che lo avevano convinto ad aprire la porta proibita, con tutte le disgrazie che da questo erano derivate. Poi quell'apparizione, un essere rosa simil-angelo/pipistrello/pesce volante/boh spuntato fuori dal nulla e che non lo aiutava di certo a capire quello che era successo nel suo villaggio, abbandonato come il resto delle terre conosciute. Ma soprattutto odiava quello che gli era toccato come fato e che solo ora cominciava a realizzare: salvare per forza il mondo e ricrearlo da capo (una faccenda da niente, per un ragazzino). Un enigma, appunto.

A dire la verità pure noi poteremmo finire per odiare 'ste cavolo di storielle alla base di centinaia di racconti fantasy, con l'eterna lotta fra la luce e l'oscurità, leggende che diventano realtà e poche varianti sul tema 'apocalisse incombente o avvenuta'. In Terranigma, in particolare, si riprendono nuovamente i contenuti di ri-evoluzione/ri-creazione post-catastrofe cari a Quintet e Enix sin dai tempi di Soul Blazer, con la presenza di un mondo sotterraneo e uno in superficie da salvare facendo affrontare al giovane Ark, tanto per cominciare, i guardiani di cinque antiche torri (e, che ci crediate o no, questa è un' impresa che da sola può valere un intero gioco, ma che qui rappresenta solo l'inizio di un'avventura che poi comporterà la ripopolazione dei continenti e l'intervento diretto nella loro riorganizzazione, attraverso quattro capitoli degni dei Legend of Zelda più impegnativi e contrassegnati da tre-resurrezioni-tre). Lo dico perché la qualità apparente e non apparente di Terranigma, a partire dall'impostazione grafica per finire con la struttura 'in progress', che fa evolvere Ark dal ruolo del ragazzino a quello del salvatore della terra, oggi sembrerebbe impossibile da collocare all'interno di una cartuccia da soli 32 megabit.

Fatto sta che, con tutte le limitazioni software e hardware del tempo, i giovanotti di Quintet riuscirono a produrre il loro Ben Hur, il loro Via Col Vento, il loro progetto più epico insomma, alla faccia dei successivi CD, DVD, Blu-Ray, 120 giga e blah blah. E per assurdo, se proprio vogliamo fare i guastafeste, è proprio questa pastosità da kolossal che può rappresentare il vero cruccio dei giocatori di Terranigma, spaventandoli, soprattutto se andiamo a confrontarla con l'approccio immediato di altre produzioni Quintet, come l'inarrivabile Illusion of Gaia. Questo come difetto principale, ma bisogna dire che Terranigma ha anche la colpa indiretta di essere stato lanciato alla fine del 96, dopo un intero anno dedicato alla sola traduzione in inglese, quando ormai era troppo tardi e la PlayStation si stava per pappare tutto (restando così relegato in un limbo borderline: in pratica nessuno lo conosce). Per il resto si capisce subito che l'avventura di Quintet ha invece pochi rivali nel suo campo, o anche in campi non suoi se è per questo, tanto da poter essere facilmente inserita in una lista ristretta di esemplari per Super Nintendo da portarsi dietro in una ipotetica isola deserta. I conti d'altro canto si fanno facilmente quando ci si ritrova con un impatto visivo all'altezza di rivali formidabili come Chrono Trigger o Final Fantasy III, una colonna sonora epica, ostinatamente variata e invariabilmente fantastica, un controllo perfetto dei movimenti e una presentazione con tanto di scene di intermezzo, degna di qualsiasi cosa possa apparire oggi su PS3.

Non per niente il team di sviluppo, con Enix allora impegnata in un duello mortale con Square, era stato assemblato in maniera ambiziosa o perlomeno molto accorta, col character design e la direzione artistica affidate a Kamui Fujiwara, arrivato fresco fresco dal mondo dei manga e in particolare dalle versioni a fumetti di Dragon Quest; con le musiche curate da Masanori Hikichi, già autore di quelle di Langrisser; con la sceneggiatura e la direzione di Tomoyoshi Miyazaki, come già in Soul Blazer, e con la produzione finale di Yukinobu Chida, produttore di Dragon Quest fino al settimo episodio. Alla fine però, a parte il focus sull'evoluzione progressiva del personaggio principale, come da gioco di ruolo canonico (in stile, per l'appunto, Dragon Quest), la tradizione dei giochi Quintet veniva fuori con combattimenti in diretta in stile Zelda a rimpiazzare quelli a turni dominanti nei role playing game giappo. Non che questo potesse comunque fare il miracolo di fregare una fetta di mercato ai 32 bit, accendendo anche l'interesse dei fan degli action game (200.000 copie vendute in casa e altrettante o poco più sui mercati d'Occidente non sono poi tante, in una fase in cui allegre schifezze come Destruction Derby o Loaded vendevano milioni di pezzi), oppure quello di far evitare poi a Enix la fusione/incorporazione con la nemica Square. Il miracolo di una produzione davvero fuori stagione, ma tra le migliori mai messe insieme per il Super NES, però lo faceva.

Alla fine Terranigma ha il merito, semplice ma raro, di seguire diligentemente la ricetta contro la noia e i passaggi a vuoto che affliggono anche i migliori giochi di ruolo: ricorrere a continui ribaltamenti del racconto, a decisioni da prendere e a improvvisi bivi all'interno della sceneggiatura, a un intero corredo di cose da fare e missioni da completare, a combattimenti mai monotoni, al tradizionale accompagnamento di boss, attacchi speciali, armi, armature, oggetti, pozioni, negozi, statistiche, bonus e magie, finendo con un'esplorazione condita dai tanti enigmi sparsi tra i labirinti (anche se, alla faccia del titolo, in questo campo vince ancora il precedente Illusion of Gaia) e da una dose di strategia. Solo così un'avventura tanto ponderosa riesce a non trasformarsi in una rigida routine di avvenimenti (esattamente come succede al 90% dei titoli analoghi, anche ai giorni nostri). E questo, per chi ha un minimo di memoria storica, non è poco: non è poco proprio per niente.

[NO1]


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