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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sega Mega Drive
Cosmic Spacehead
Codemasters
04 06 2007

Chiamateci pure settaristi, reazionari o razzisti ludici, ma per quanto ci riguarda non c'è niente da fare: le avventure nella loro forma point and click, essendo per loro stessa natura comandate via mouse, restano giochi per PC, così come altri generi devono essere masticati solo su console.

Titoli come Discworld, Monkey Island o Broken Sword avranno pure fatto la loro figura sul mercato PlayStation, ma sono state eccezioni, ed eccezioni discutibili. L'assioma, per quanto mi riguarda, resta quindi intatto (e non solo per le ragioni di cui sopra: è una questione di atmosfera e di audience, e alla fine la risposta degli utenti delle due piattaforme è sempre stata diametralmente opposta) e tanto più deve essere applicato a una fase primordiale come quella dei 16 bit. Il Megadrive, nello specifico, non ha mai prodotto avventure di questo tipo, e non tanto per limiti tecnici, quanto per l'assoluta convinzione dei produttori di non trovare riscontri su un mercato composto quasi totalmente da teenager. Peraltro la cosa che su Super Nintendo più si avvicina ad un'avventura grafica è il patetico Young Merlin, che a sua volta non è precisamente un point and click. I tentativi in questo senso restavano affidati al povero Mega CD, già di per sé condannato a raggiungere una ristretta cerchia di ultratecnologici aficionados Sega, probabilmente già in possesso di un PC.

Personalmente non ho mai trovato i point and click particolarmente affascinanti, comunque, essendo la loro struttura troppo rigida per i miei gusti. Capolavori come Day of the Tentacle, Indiana Jones and the Fate of Atlantis o come i su citati Monkey Island e Broken Sword ai loro tempi non potevano non colpire chiunque per impatto grafico e facilità di uso: ma erano, appunto, capolavori. Distanti quindi da questo Cosmic Spacehead, solitario rappresentante del genere adventure p'n'c su console a 16 bit.

Cosmic Spacehead è così un titolo potenzialmente importante, ma che, invece, va a rappresentare tutto quello che odio in questi giochi. In somma: trama inconsistente, humour imbarazzante, passo stentato, dialoghi surreali ed enigmi che distruggono la vostra pazienza con un senso logico spesso opposto, guarda un po', ad ogni forma di logica. Comic Spacehead pesca a piene mani dalle avventure grafiche della Lucas e questo gli consente di sicuro di vantare una ottima grafica ispirata ai cartoon dei primi sessanta (un po' come succedeva con Day of the Tentacle) e anche di presentare, incidentalmente, una buona colonna sonora. Quando però si va al cuore della faccenda si capisce immediatamente che l'esperienza acquisita in tanti anni da Lucas è una merce che non si trova per caso in mezzo alla strada: ad esempio il sistema di controllo, per quanto ridotto ai minimi termini, non riesce ad evitare inutili scomodità (anche con la tara del ritrovarsi con un joypad a tre tasti e non con un mouse).

Quello che però finisce per chiudere la porta in faccia ad ogni speranza di recupero è la pretestuosità della trama, apparentemente messa in piedi come abbecedario di introduzione al genere, e come tale priva di una qualsiasi forma di suspense. La mancanza di tensione deriva però anche da una certa insipienza degli enigmi, soprattutto in fase iniziale e solo con qualche miglioramento progressivo: il primo incontro con un mostro di importanti dimensioni viene risolto facendolo volare via grazie ad un palloncino, ad esempio, e tanto per essere chiari non saranno certo molti i pazzi che riusciranno a ricorrere ad una logica tanto deviata. In Codemasters, probabilmente per rendere più saporita la portata, avevano poi pensato di inserire delle sezioni platform negli intervalli fra le diverse ambientazioni: anche in questo caso il risultato era però piuttosto sconfortante, con una grafica ai limiti del minimalismo e una manovrabilità appena accettabile. Lo stesso si può dire del ricorso ad un 2-player mode completamente distaccato dal corpo del gioco e stranamente simile al vecchio Tank-Pong di Atari. Troppa poca carne al fuoco, insomma, e per di più con una longevità intaccata da una o due giornate di uso neanche tanto intenso. Un vero peccato, e un peccato irrimediabile, se si tiene conto del fatto che altri tentativi di questo tipo su console a 16 bit non ne verranno più fuori: evidentemente l'originalità da sola può anche non pagare.

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