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NO1 Imbarcato in tenera età su un cargo battente bandiera liberiana, NO1 ha sviluppato grazie ai suoi viaggi in giro per il mondo, e ai conseguenti contatti con numerose popolazioni indigene legate alle tradizioni, una smodata passione per l'antico. Passione che oggi riversa nel retrogaming, in particolare se targato Sega...

Sega Mega Drive
Jungle Strike
Electronic Arts | Granite Bay | High Score | Mike Posehn
01 05 2007

Il sequel di uno dei più controversi giochi di sempre, Desert Strike, contributo di Electronic Arts al clima da prima guerra santa del Golfo e al sogno Bushiano di cacciare Saddam Hussein da Baghdad, atterra sul Megadrive nell'estate del '93, atteso da milioni di fan assolutamente indifferenti al politically correct e altrettanto ignari dei retroscena che si riveleranno col secondo round del match USA - Iraq.

Desert Strike, comunque, era stato un gioco eccezionale. Ammettiamolo: ai tempi non succedeva spesso di ritrovarsi con un titolo per console liberato dalla presenza di principesse, eroi improbabili, reami leggendari e fatine, e dove invece si riusciva a riversare gli istinti più aggressivi prendendo a calci il dittatore di turno e con in più il vantaggio di aver vissuto in diretta quello che veniva riprodotto più o meno fedelmente (lasciamo perdere il giusto o lo sbagliato della situazione: allora eravamo giovani e ingenui ed Emilio Fede era solo una macchietta che raggiungeva l'orgasmo ad ogni bombardamento notturno). A distanza di un anno e mezzo dall'uscita, insomma, Desert Strike era ancora in vetta alle classifiche di vendita ed era diventato il più grosso successo di Electronic Arts: impossibile non attendersi un sequel, magari ancora più spettacolare e possibilmente ancor più pieno di azione.

In Jungle Strike, tanto per cominciare, il cambio andava a riguardare il protagonista: l'Apache AH-64A lasciava il posto a un elicottero da combattimento Comanche, ancora più avanzato, e ad un pacchetto di mezzi alternativi da sfruttare in specifiche situazioni, come una moto da cross, un hovercraft e addirittura un F117 Stealth Fighter. Jungle Strike iniziava esattamente dove le vicende di Desert Strike andavano a finire: anche se il generale Kilbaba (nome di copertura del Saddam) viene spazzato via alla fine del primo gioco, il sequel non molla la presa e vede così il suo diretto erede raccogliere la sfida agli USA mediante alleanza col più potente dei baroni della droga (apparentemente colombiano e comunque fornito del migliore esercito privato del mondo). I due, dislocati nel bel mezzo di una jungla inestricabile, puntano a un piano non privo di una qualche ambizione: recuperare dagli arsenali paterni una bella bomba atomica e distruggere Washington DC e Casa Bianca annessa. Il Pentagono in questi casi però di solito si incazza e manda, appunto, i Comanche a scaricare qua e là qualche tonnellata di piombo e polvere pirica.

Il team di produzione di Electronic Arts chiamato all'impresa di riprendere le fila della serie Strike non era stato ovviamente cambiato e manteneva così al timone quel vecchio marpione di Mike Posehn. Altrettanto ovviamente la formula di base non poteva essere stravolta e ripercorreva così le linee del prequel, raddoppiandole con ben 45 missioni strategicamente complesse, chiaramente descritte in briefing preliminari, accompagnate passo passo da mappette e da precise indicazioni sugli item da recuperare e su cosa fare per annientare una miriade di cattivoni poco intenzionati ad essere annientati. E quando dico miriade non esagero: il numero di nemici sparsi sul territorio subiva in Jungle Strike un incremento netto, con una curva della difficoltà ancora non fastidiosa, ma che comunque preannunciava l'involuzione che andrà poi ad affliggere i successivi episodi della saga bellica (con i sequel a 32 bit, Soviet e Nuclear Strike, da affidare solo ai più audaci e forti di cuore).

La perdita di fascino della tematica, con una storiella al limite della sci-fi da spionaggio balneare, viene compensata in parte dalla maggiore varietà dei mezzi bellici di cui sopra, dalla bellezza delle cut-scene e anche da quella degli scenari, che vanno dalla canonica jungla tropicale a Washington al paesaggio artico, con elementi scenografici chiaramente prefabbricati e ripetuti, ma in linea con la costante strategica presente in tutto il gioco. Jungle Strike in effetti è molto più grosso, come stazza vera e propria, del predecessore, cosa che viene immediatamente dedotta anche a partire dal numero di megabit impiegati: questa era infatti la prima cartuccia a 16 megabit adoperata da Electronic Arts. Ciononostante, nella battaglia teorica tra Jungle Strike e il vecchio Desert Strike quest'ultimo finisce per avere la meglio: più fresco, più immediato, con un'atmosfera che il sequel non può avere, Desert Strike rimane uno dei giochi migliori di tutti i tempi. Il fatto di battersi spalla a spalla con cotanto competitore testimonia comunque la bontà di questa ulteriore produzione di Posehn, estremamente pulita, sofisticata nella sua grafica tipicamente Electronic Arts e graziata dal solito impatto commerciale travolgente. La terza puntata della serie, Urban Strike, non riuscirà a replicare il successo di questi due blockbuster, pur rimanendo su livelli qualitativi molto elevati. Per chiunque sia stato un fan di questi shooter intelligenti, inventati o meglio reimpostati da Electronic Arts a partire da un vecchio titolo del Commodore 64 (Raid on Bungeling Bay), questo Jungle Strike, per quanto meno ispirato, resta quindi l'alternativa migliore all'originale colpo di mano nel deserto.

[NO1]


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